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Benevento – Rialzarsi dopo una caduta è sempre difficile, se poi si sprofonda in serie B la questione si complica maledettamente. Chi non ci crede può chiedere a una delle tante squadre retrocesse negli ultimi dieci anni, quasi mai riuscite riscattare l’amara retrocessione. Negli ultimi due la casella dei ‘ritorni’ è rimasta addirittura ferma a zero, indice di una difficoltà oggettiva a riprogrammare dovuta in parte alla zavorra del monte ingaggi e in parte a un ambiente ancora deluso dalla precedente esperienza negativa. 

E’ risaputo che chi scende dalla A alla B non incassa solo il famigerato ‘paracadute‘ ma deve soprattutto fare i conti con ingaggi ‘monstre‘ di cui privarsi senza bagni di sangue. Uno su tutti – ma non è certamente il solo – per il Benevento è rappresentato da Kamil Glik e dal suo stipendio di due milioni e mezzo di euro annui, cifra insostenibile in B nonostante eventuali ambizioni da primato.

E così, tante neo-retrocesse – per necessità o scelte di mercato avventate – si sono trovate davanti al classico anno di transizione fallendo totalmente l’approccio con il nuovo contesto e mancando in più di una circostanza anche il piazzamento play off. Basti pensare che soltanto 7 su 30 negli ultimi dieci campionati sono tornate in serie A dopo un solo anno, e circa la metà ha dovuto far ricorso alla post season per brindare, come avvenuto al Verona 2017/18, al Bologna 2013/14 e alla Sampdoria 2010/11. 

I numeri, insomma, confermano come la B sia un campionato imprevedibile in cui le outsider trovano terreno fertile per imprese ai limiti dell’impronosticabile. Nella scelta del tecnico e nella conseguente costruzione della rosa – che sarà per gran parte rivoluzionata –  il club di via Santa Colomba dovrà tener conto soprattutto del fattore entusiasmo. Ai giocatori di esperienza andrà abbinata la fame legata ad elementi a caccia di rilancio o consacrazione. Lo dicono gli ultimi exploit e dunque la storia recente del campionato, voltargli le spalle sarebbe un errore.