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Benevento – Le lacrime sono soggette a mutazioni. Quelle di Foulon hanno cambiato peso nel giro di dieci giorni, passando dalla dolcezza del sollievo all’aspro retrogusto del fallimento. Graziato nei minuti finali contro la Roma, il belga ha messo in fila tre errori da matita rossa che hanno condizionato il cammino del suo Benevento nelle sfide con Napoli e Verona. La dormita sul vantaggio di Mertens al Maradona, la distrazione su quello di Faraoni al Vigorito, addirittura un goffo autogol pochi minuti dopo. Inzaghi gli aveva preferito un Letizia in condizioni precarie pur di evitargli un’ulteriore esposizione all’errore che puntualmente è arrivato, portandone altri con sé sul binario morto della sostituzione dopo 35 minuti in bilico su un dirupo. 

L’infortunio di Gaetano da Scampia ha spalancato le porte al disastro in un umido turno infrasettimanale che suona come una batosta per la classifica del Benevento, ora atteso da una sfida determinante contro lo Spezia. Ci arriverà con le ossa rotte, perché la condizione dei singoli non entusiasma e lo spirito battagliero è rimasto negli spogliatoi in un match che più di ogni altro richiedeva compattezza e immolazione. Nulla, invece, si è visto sotto i riflettori del Vigorito che hanno illuminato ed esaltato solo la prestazione degli uomini di Juric, loro sì convinti e determinati nel recitare a memoria un copione da applausi. 

Tanti interrogativi pendono sul capo di Superpippo, indotto a scegliere un undici atipico per far fronte a squalifiche ed infortuni. Gli sarebbe tornato utile Barba, fermato dal giudice sportivo, ma l’impressione è che attenuanti non ce ne siano comunque: il Verona avrebbe passeggiato ugualmente facendo valere uno strapotere fisico debordante in ogni zona del campo. Neanche sullo zero a zero – nonostante la potenziale occasione capitata sui piedi di Lapadula – la Strega è parsa in partita, correndo a vuoto e sprecando energie inutilmente. Una volta che Lazovic ha scaldato i motori sull’out mancino e che l’asse BarakFaraoni sul lato opposto ha iniziato a girare c’è stato poco da fare e la partita ha preso una piega ben precisa ancor prima del gol del vantaggio. Inutili le contromisure apportate a inizio ripresa, rispecchiate dal dato dei tiri in porta: uno soltanto dal 45′ in poi, peraltro parato agevolmente da Silvestri. Troppo poco. 

Cosa salvare, dunque? Stavolta risulta difficile trovare una risposta tollerabile. Quella del campo, attesa sabato pomeriggio in Liguria, è l’unica che conta. Ora che il vantaggio sulla terzultima posizione è sceso drasticamente a 5 (e il Torino ha “virtualmente” due gare in meno ndr.), i punti in palio nel confronto diretto con la squadra di Italiano assumono un valore che prima non avevano. Ritrovare la serenità sarà la missione più complessa di questi tre giorni, forse pochi per guardarsi dentro, ma magari meglio così. Il tempo per rimuginare si ridurrà, e non è detto che pensare troppo sia la soluzione giusta per una squadra che ha finora vissuto in una sorta di ‘comfort zone‘. E’ il momento più difficile della stagione, e purtroppo coincide con quello decisivo. Urgono soluzioni.