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Benevento – Magari era solo un modo, uno tra i tanti, per esorcizzare una paura. O forse un presagio. O ancora più banalmente una ulteriore spia della crescente sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Ma nei giorni successivi alla terribile alluvione di tre anni fa, con gli stivali ancora sporchi di fango, i volti segnati dalle occhiaie e dalla fatica, gli animi scossi dalla paura, la voglia di ripartire cominciava a fare a pugni con il timore di essere abbandonati. “Vedrai, saremo alluvionati di Serie B”.

Una frase ascoltata e letta cento volte. Pronunciata con la perentorietà di una sentenza. E che il trascorrere del tempo non riusciva a smentire. Tutt’altro. Lungo l’elenco delle richieste mai accolte. Ad aprirlo la mancata sospensione dei tributi. Misura pure concessa, sia alle persone fisiche che alle imprese, soltanto pochi mesi prima, ai contribuenti dell’Emilia Romagna, colpiti anche loro da un’alluvione nel febbraio dello stesso anno.

Al Sannio, poi, non è stata riconosciuta la possibilità – accordata in Veneto, Liguria e di nuovo in Emilia – di dichiarare rifiuto solido urbano e non speciale il materiale di risulta dell’alluvione, provvedimento che avrebbe consentito alle aziende di smaltire a costi decisamente minori e più velocemente fanghi e detriti.

Caduta nel vuoto, per continuare, l’istanza per dichiarare “Zona Franca Urbana” le aree della provincia maggiormente colpite dalla calamità. Con la Zfu, commercianti e imprese avrebbero goduto di programmi di defiscalizzazione e decontribuzione utili a risollevare l’economia territoriale. Altra misura, questa, (precedentemente utilizzata in via ordinaria a Benevento al rione Libertà e al rione Ferrovia) già ammessa per diverse catastrofi accadute in Italia.

Anche sul piano del ristoro dei danni, poi, il bilancio è in chiaroscuro. E un ruolo importante, e in negativo, lo hanno giocato le solite lungaggini burocratiche.

Le cifre della catastrofe le conosciamo. A effettuare la ricognizione dei danni fu Giuseppe Grimaldi, commissario delegato all’emergenza. Un conto da 1 miliardo e 113 milioni di euro. Nello specifico: 760 milioni i danni a opere e strutture pubbliche, 281 quelli subiti dalle attività produttive, 72 milioni quelli registrati dai soggetti privati.

La linea di finanziamento rivelatasi più veloce è stata quella per il pagamento dei danni all’edilizia privata, con circa 800 istanze – per 16,5 milioni di euro – ammesse e finanziate a fondo perduto.

Prosegue, poi, il ripristino delle infrastrutture pubbliche, con la sola Provincia di Benevento che ha messo in campo interventi – in buona parte già consegnati – per oltre 10 milioni di euro. Soldi spesi per l’eliminazione del rischio residuo e la messa in sicurezza dei fiumi e per il rifacimento e la realizzazione dei ponti (Jenca, Raventa, Tammarecchia, Malepara, Ufita).

A far segnare il ritardo maggiore, paradossalmente, è stato ed è il sostegno alle imprese messe in ginocchio dalle inondazioni. Poche o nulle le risorse già intascate dagli imprenditori sanniti. Una prima svolta è attesa per i prossimi mesi, quando dovrebbero essere messe a regime le fonti di finanziamento trasferite alla Regione Campania o da questa stanziate. Parliamo dei 43 milioni di euro del Fondo Nazionale Calamità Naturali, dei 27,5 milioni di euro stanziati da palazzo Santa Lucia coi tre bandi per il ripristino del potenziale produttivo danneggiato dagli eventi calamitosi (oltre 180, complessivamente, le aziende ammesse al finanziamento), degli 11,2 milioni di euro per i titolari di aziende agricole che hanno superato l’istruttoria della Provincia).

Ovviamente, nell’attesa, chi ha potuto non è rimasto certo con le mani in mano. Si è rialzato da solo, ha ripreso a camminare. Ma un disastro resta un disastro. E per andare lontano le sole proprie forze non sono sufficienti. Non dopo quello che è accaduto nel 2015, non in una delle aree più colpite (perché già debole) dalla crisi economica degli ultimi anni, non in una provincia anagraficamente sempre più vecchia, anno dopo anno.

Ecco perché ci aspettiamo un bilancio migliore, nel 2019.

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