- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Benevento – Trentatré anni di attesa per vivere un momento così. Sono tanti, ma ne è valsa la pena. Durante il lungo digiuno ogni volta che la Salernitana si era presentata al ‘Ciro Vigorito’ sembrava avvolta da un’aura di invincibilità. Tre pareggi e due vittorie in campionato, un successo ai rigori in Coppa Italia. Tradotto vuol dire che il Benevento mai era riuscito a guadagnare gli spogliatoi al triplice fischio con il sorriso stampato sul volto. Ieri è andata diversamente. Qualcuno ha cambiato la musica, ha velocizzato il percorso di una vendetta sportiva covata da tempi ben lontani ma che ha vissuto il suo apice nella stagione 2014/2015, quando la Strega e l’Ippocampo si trovarono a duellare in un testa a testa snervante per la promozione diretta in serie B.

L’attualità ci ha restituito un derby da ricordare. Non capita spesso che sfide di questo tipo finiscano con risultati così rotondi, segnando un solco nelle menti di chi le ha vissute. Splendide e da applausi le due tifoserie, che hanno vissuto il momento di estasi e frustrazione con una civiltà che sarebbe da mandare in mondovisione. Strepitoso il pubblico sannita, educato e composto quello salernitano al momento dei saluti, quando ha mostrato il proprio ringraziamento a una squadra che aveva semplicemente avuto la sfortuna di imbattersi in un ostacolo insormontabile. E non è un caso che al momento della coreografia in onore del piccolo Genny l’abbraccio sia stato sentito e caloroso, con lo stadio intero unito da una palpabile empatia nel difendere una causa che va ben oltre il calcio.

E di calcio si è anche vissuto e parlato, per novanta e più minuti. Nei primi trenta il Benevento ha tenuto in mano l’inerzia del gioco senza riuscire ad affondare. Troppo compatta e fisica la Salernitana per essere bucata con inserimenti per vie centrali. Il 3-5-2 di Colantuono, con Di Tacchio davanti alla difesa e una linea a tre arretrata pronta a compattarsi, ha retto fino al gol di Maggio, frutto di un assist proveniente dal sinistro fatato di Viola. Occorreva un episodio per sbloccare una partita orientata a seguire il canovaccio tipico degli zero a zero e quell’episodio ha cambiato le cose. Il Benevento ha iniziato a sfruttare di più gli esterni, suo vero punto di forza, e nella ripresa ha punto in contropiede.

Bene ha fatto Bucchi a rimarcarlo in conferenza: una delle cose più importanti è l’approccio alla partita di chi subentra. Se è raggiante per questo, il tecnico sannita, ne ha ben donde: i dieci gol segnati in tre partite portano la firma di ben nove calciatori differenti. Un segreto, ormai non più tale,che indica la vastità di opzioni a disposizione per andare in rete. E se non è un record, poco ci manca. Solo Bandinelli ne ha segnati due (e nella stessa partita), ma la cooperativa è ben nutrita e contiene già i nomi di Asencio, Coda, Improta, Insigne, Maggio, Ricci, Tello, Volta e Viola. La doppia cifra, per gli uomini mandati in gol così come per i punti in carniere, è già vicina. Segnali confortanti uniti a un gioco che si basa su idee ben chiare e alla crescita di condizione dei terzini, più che mai determinanti contro la Salernitana e nei piani futuri di questa squadra. La strada è lunga, la trasferta di Cittadella è già alle porte, ma al momento motivi per buttarsi giù proprio non se ne vedono.