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Benevento – Mettiamola così. Se gli ottimisti hanno lo spumante in ghiaccio già da un po’, gli scaramantici hanno finalmente aperto l’ideale salvadanaio, contato le monete, e compiuto il primo passo verso l’acquisto dell’attesa bottiglia. Di brindare ancora non se ne parla, ma è ormai chiaro a tutti che questo Benevento è più forte persino di se stesso. Di avversari in grado di insidiarlo nemmeno l’ombra. Lo Spezia ha perso terreno, si è fermato sul campo di un Trapani che ci tiene ancora a far sapere di non essere essere in B a ‘pettinari’ le bambole (passatecela). E il Frosinone? A Cosenza ha raccolto la sua quinta vittoria consecutiva, ruolino in altri contesti fenomenale. Niente, neanche la squadra di Nesta risulta un avversario credibile per il primato. Perché se ne vinci cinque di fila e la vetta è ancora a 17 punti, vuol dire che neppure i miracoli sono utili contro il tritatutto azionato da Inzaghi.

C’è una sostanziale differenza rispetto ai campionati scorsi. Quello della Strega non è un andamento da passista, ma uno scatto infinito verso la meta. Sedici risultati utili consecutivi, dei quali ben tredici risultano vittorie e solo tre pareggi. Una mannaia caduta sul capo di ogni pretendente al trono, un timbro inequivocabile, una firma sempre più riconoscibile di giornata in giornata. Sessanta punti, ognuno diverso dall’altro, come una collezione di riviste. L’inserto di ieri coincide con il ritorno al 4-0 in trasferta. In B ai sanniti era accaduto solo una volta, nel campionato chiuso con la promozione attraverso i play off. A Bari, il 24 settembre 2016, la squadra di Baroni si impose calando il poker al San Nicola, gettando la maschera e riscoprendosi temibile outsider. 

Parlavamo di riconoscibilità. Quella del Benevento non risiede in un gioco arioso, ma nella capacità di captare il momento giusto in cui stritolare l’avversario. La trama della partita è portata avanti dai piedi dei centrocampisti, completi ed efficaci. Quando arriva il segnale, si scatena l’inferno. Troppa qualità, troppa grazia per un campionato così. Viola incide, si inserisce, crossa e realizza. Schiattarella ripulisce e trova la soluzione più semplice e congeniale, per non parlare di Hetemaj, predatore famelico che non lascia neanche le briciole ai dirimpettai. Quando la palla arriva dalle parti di Sau, Insigne, Coda, Moncini e chi più ne ha più ne metta (non dimentichiamo l’infortunato Kragl), il conto è da considerarsi chiuso. Giocatori che se hanno lo spazio per beffarti, ti beffano. Lo hanno riconosciuto di volta in volta tutti gli avversari, in ultimo Pellizzer, che ieri ha vissuto novanta minuti da incubo.

Sabato al Vigorito arriverà lo Spezia, terzo in classifica a diciannove punti di distanza. A una vittoria giallorossa corrisponderebbe un ulteriore allungo sulla zona play off. A quel punto non ci sarebbe spazio per alcun tipo di scongiuro, e sarete tutti autorizzati ad accompagnare alla porta con un “vaffa” l’amico del “ne abbiamo viste tante, può ancora finire male”. Tutti ne conoscono almeno uno, è il caso di avvisarlo.