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Con l’Italia clamorosamente esclusa dai prossimi Mondiali in programma in Russia è scattata ufficialmente la corsa alla soluzione migliore per ridare slancio al calcio tricolore. In attesa della parole di Tavecchio, un’analisi accurata prova a fornirla la Gazzetta della Sport attraverso dieci punti. Tra questi, due in particolare si riferiscono alla riforma dei campionati, soluzione già sbandierata nei mesi scorsi e che ha riguardato da vicino, suo malgrado, il Benevento. In molti si sono chiesti se la società giallorossa meritasse o meno il diritto di partecipare alla serie A dopo un avvio complicato. Un diritto guadagnato sul campo, senza sottrarre nulla a nessuno, è bene specificarlo e ricordarlo.

Sta di fatto che la debacle azzurra ha riportato in auge la possibilità di ridurre il numero di squadre non solo nel massimo campionato, coinvolgendo di fatto anche Napoli, Avellino, Salernitana e Casertana (giusto per citare i sodalizi che rappresentano i capoluoghi campani). Secondo la rosea, bisogna riformare tutti i tornei professionistici, portando A e B a diciotto squadre e la C dovrebbe essere invece composta da due raggruppamenti di 20 compagini ciascuno. “La riforma dei campionati è indispensabile per dare maggior competitività e sostenibilità: in tutto 76 club professionistici“, è la motivazione cavalcata dal quotidiano milanese. Eppure Liga, Ligue 1 e Premier League sono tutti tornei a venti squadre e Spagna, Francia e Inghilterra parteciperanno regolarmente ai Mondiali. Così come la Germania, l’unica tra i grandi campionati europei a sposare la formula a diciotto. 

Utile sarebbe l’introduzione delle seconde squadre, in modo da svezzare i giovani in casa, permettendo loro di maturare quell’esperienza necessaria che il campionato Primavera non consente di avere. E’ questo un vero e proprio cavallo di battaglia de La Gazzetta dello Sport (“Vanno introdotte le seconde squadre dei club di A nei tornei professionistici, terreno ideale per far maturare i nostri giovani“), ma l’idea (condivisibile, sia chiaro) si scontra indirettamente con il punto di sopra. Ridurre le compagini professioniste e poi introdurre le squadre B porterebbe alla scomparsa dal panorama calcistico di molte piazze, anche storiche, che vivono anni difficili nei tornei minori. E proprio in quest’ottica una riforma sarebbe necessaria anche in serie D, dove, ad esempio, i play off di fine stagione servono solo a costituire una graduatoria per eventuali ripescaggi. Riducendo il numero di squadre, insomma, il post season finirebbe per essere del tutto inutile.