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Sicuri di aver letto da qualche parte, una volta, che “ci sono sempre ragioni giuste, per fare cose sbagliate”. La scelta dei lavoratori, ieri, di “accomodarsi” sul davanzale di una finestra del comune di Benevento, minacciando di buttarsi di sotto, rientra senza dubbio, nella scelta di compiere un gesto sbagliato per una giusta ragione. Il gesto è il tentato e minacciato suicidio. La ragione è il lavoro.

Primo Levi diceva che amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra. Non sappiamo se quei lavoratori che hanno compiuto un gesto cosi eclatante amino cosi tanto il loro lavoro. Però lo rispettano. Al punto da correlarlo al valore stesso della vita, mettendo quest’ultima a rischio pur di difendere quel diritto sancito non da un articolo qualsiasi ma dal primo, addirittura dal primo, della nostra Costituzione.

Ora, appare chiaro che non possiamo giustificare tale gesto e guai a chi abbia deciso di farlo. Nessuno può mai capire il dolore altrui, anche se lo ha provato in situazioni similari, anche se lo comprende. Ma lo rispettiamo, e va rispettato, come gesto estremo di una situazione paradossale che coinvolge non il singolo lavoratore e solo il singolo lavoratore in quanto tale ma intere famiglie, i figli, il pane in tavola, le scarpe da cambiare, la vita quotidiana. La possibilità di rispettare se stessi, elemento fondante della vita di ognuno di noi.

Ciò che invece non capiamo e siamo sicuri di non essere gli unici, è la paradossale vicenda in termini cronologici e di risultati che, di fatto, potrebbe essere riassunta cosi: tentano suicidio la mattina (2 operai). Reintegrati a lavoro il pomeriggio (53 operai). La notizia, su carta (aspettiamo che diventi effettivamente concreta) è di quelle da stappare la bottiglia del vino migliore, riposto da anni nella credenza, appena rientrati a casa. E quindi siamo felici e festeggiamo insieme ai lavoratori. Ma perchè aspettare che due persone si appoggino sul cornicione di una finestra la mattina per annunciare a cinquantatre famiglie, di pomeriggio, che, in fondo, è tutto ok? E questo, siamo onesti, non riusciamo a spiegarcelo.

Ieri lo avevamo già scritto: l’assunzione in servizio sarà possibile ai sensi della legge regionale 14 in materia di gestione del ciclo rifiuti che prevede un percorso agevolato proprio per il riassorbimento in servizio dei dipendenti dei disciolti Consorzi. Del resto era proprio questa la richiesta dei lavoratori che lamentavano la mancata applicazione di questa norma.

Lavoratori, paradossalmente, ignari che già da tre settimane Comune e Asia avevano deciso di ricorrere a questa categoria di operatori per colmare i vuoti d’organico dell’azienda di igiene urbana, utilizzando una legge che da tre anni impone agli enti locali di procedere alla “ricollocazione lavorativa del personale già dipendente dei Consorzi di bacino”.

Il nostro epilogo è che il risultato ottenuto ieri, senza dubbio un successo, era stato già ottenuto tre settimane prima per una legge che impone da tre anni prima l’epilogo succitato.

Serviva, dunque, far arrivare i lavoratori a decidere di “accomodarsi” sul davanzale di una finestra? Come cantava Enrico Ruggeri: Mistero.