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Benevento – La notte tra il 4 e il 5 settembre del 2014 Davide è con 2 suoi amici su un motorino. Sono nel loro Rione, il Traiano, una delle tante aree periferiche di Napoli, dimenticate, sovrappopolate, soggiogate e sublimate alla miseria e al lavoro formale e informale, tra legalità e illegalità. Davide Bifolco è solo uno dei tanti ragazzi di quel Rione, una X, la cui giovane vita, però, viene spezzata da una “botta”, da uno sparo dello Stato.  E’ “Lo sparo nella notte. Sulla morte di Davide Bifolco, ucciso da un carabiniere”, il libro scritto dal giornalista Riccardo Rosa e presentato ieri al Morgana Music Club. Un libro che ripercorre quanto accaduto quella notte e nei giorni immediatamente successivi, analizzando il ruolo e i comportamenti assunti di chi ha avuto il compito di raccontare i fatti, soffermandosi sui dettagli processuali e attraverso le storie di vita di Davide, dei suoi familiari e degli abitanti del quartiere. Il volume mette in relazione l’omicidio con il contesto in cui è avvenuto, provando a capire come sia stato possibile un capovolgimento di ruoli tale da trasformare la vittima in colpevole. 

Proprio così, da vittima a carnefice. “Una storia mediocre sulla narrazione tossica dei giornali, una retorica costruita pacchianamente: Se l’è cercata, girava coi latitanti, in 3 sul motorino, poveri carabinieri che vivono in un contesto di guerra, avevano una pistola, scappavano da un posto di blocco”. L’intervento di Luigi Romano, dell’associazione Antigone Campania, sottolinea la superficialità dei giornalisti nel trattare la notizia, la retorica sulla plebaglia delle periferie, dei lazzaroni comunque e sempre colpevoli di qualcosa. Ma soprattutto le contraddizioni di chi quella notte sparò al cuore un ragazzo di 16 anni dopo averlo inseguito e tamponato, pensando fosse un “pericoloso” latitante (tale Arturo Equabile), di chi lo caricò superficialmente sull’ambulanza (nessuno tra il personale è stato in alcun modo indagato per il comportamento di quella notte), di chi contribuì a creare un clima mediaticamente ostile.

Nessun posto di blocco, nessuna pistola e nemmeno un bozzolo. Già, perché quel proiettile che uccise Davide non si è mai trovato contribuendo così alla scelta del PM. Il carabiniere che materialmente sparò, Gianni Macchiarolo, poteva essere processato per omicidio colposo e non volontario o doloso. La condanna a 4 anni e 4 mesi, dopo il rito abbreviato, non ha restituito la verità fattuale che il libro di Riccardo Rosa prova, invece, a ricostruire dettagliatamente. 

Il giornalista di Napoli Monitor, inoltre, si sofferma sul dopo, sulle reazioni; della stampa, dell’opinione pubblica, del Rione Traiano, delle forze dell’ordine e anche dei movimenti e dei ‘compagni’ che da tempo non entravano al Rione. “Anche noi abbiamo perso la nostra gente, lasciando che il nichilismo e le forme di abbandono di quel quartiere crescessero”. Salvatore Cosentino, dell’Associazione Davide Bifolco. Il dolore non ci ferma, fa autocritica mentre racconta le reazioni, la solidarietà ma anche il silenzio istituzionale sulla morte di Davide. “Dopo quel tragico evento abbiamo cercato di capire, di andare a fondo. Abbiamo scoperto un quartiere abbandonato a se stesso dove l’unica istituzione era rappresentata dal parroco della Chiesa che per il suo impegno a far emergere la verità è stato mandato in esilio a Quarto. Un quartiere che non reagì in maniera scomposta. Il perché lo capimmo durante le manifestazioni di solidarietà durante le quali la rabbia degli amici, dei parenti e di tutto il quartiere venne acquietata da chi voleva salvaguardare certi equilibri. Schiacciati tra Stato e camorra”.

Un libro, dunque, necessario anche “politicamente”, perché mostra quella grossa spaccatura nel corpo sociale di Napoli: “La morte di Davide ha tirato fuori il peggio da gran parte della città: la violenza dei dibattiti sui social network ha mostrato il livello di intolleranza dei napoletani “civilizzati” nei confronti di quelli che considerano dei “barbari”, sia pure loro concittadini, arrivando a stabilire che se si viaggia su un motorino con assicurazione scaduta allora va messa in conto la possibilità di venire ammazzati da un colpo di pistola sparato da un ‘tutore della legge'”.