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Benevento – “Insieme a te non ci sto più, guardo le nuvole lassù“, cantava Caterina Caselli nel lontano 1968. E di caselli, autostradali in questo caso, Filippo Inzaghi ne ha trovati tanti davanti a sé nell’esperienza beneventana giunta ormai al capolinea. Per un anno e mezzo quelle nuvole le ha toccate con tutte e dieci le dita. Vittorie su vittorie in serie B, risultati roboanti (soprattutto in trasferta) nella prima parte di stagione in serie A, applausi e complimenti da ogni dove. 

Tutto cominciò con una canzone, tanto per restare in tema: “Non sarà un’avventura”, cantata al karaoke in duetto con il diesse Pasquale Foggia, era l’estate che fece da preludio alla stagione dei record. A distanza di circa venti mesi possiamo dire che no, non è stata un’avventura ma nemmeno qualcosa di più. Quel progetto solido e lungimirante di un “Inzaghi a vita” (o qualcosa di simile) si è definitivamente sgretolato ieri sera, quando l’ultima folata di vento ha accarezzato la zona mista dello stadio Olimpico Grande Torino portando via con sé l’estrema (e stremata) versione in salsa sannita del Pippo allenatore. 

“E’ finita male”, ha detto Inzaghi con rammarico lasciandosi andare a uno sfogo personale che per una volta ha valicato i confini del luogo comune. Undici minuti, per larga parte condivisibili, ma altrettanto fuori tempo massimo. Undici minuti per lanciare un messaggio chiaro: “Sono rimasto solo”. Che più che un ‘sono rimasto’ è un ‘mi hanno lasciato’, chiaro riferimento a chi lo avrebbe investito di eccessive colpe del fallimento. 

E’ indubbio che a gennaio il rapporto si era incrinato con la dirigenza, e proprio il nome di Pasquale Foggia, ‘direttore sportivo factotum’, è il primo destinatario di svariati capi d’accusa nemmeno troppo velati lanciati da Superpippo. Primo fra tutti il mercato invernale, ma anche una questione umana. “Mi è dispiaciuto non poter far debuttare Gori, non è stata una cosa bella”. Non lo è stata no: dodici ore di viaggio sul groppone, dodici ore di sogni che valgono una Coppa del Mondo per chi vive il calcio come lui, gettate in quel secchio d’immondizia che ospita insieme l’ipocrisia e la burocrazia, parole che in questo caso pure producono una rima irrisoria. 

Ci ha tenuto a discolparsi pubblicamente, Inzaghi, per la tribuna riservata al portiere che aveva voluto con sé anche a Venezia. Una bandiera calpestata, atto sul quale le responsabilità sono state dirottate altrove: “Non sono stato autorizzato”, ha detto (colpa di un “bonus” scoperto colpevolmente troppo tardi da chi di dovere, quando un Gori sognante era già in viaggio verso Torino). Eppure l’apice di quel suo parlare disinvolto e leggero come mai prima, si è raggiunto su un altro tema ancora: le risse tra compagni. “Ne ho vissute tante, sono da trent’anni nel calcio, ma mai era uscito qualcosa fuori da un luogo sacro come lo spogliatoio. A Benevento invece esce fuori sempre tutto”. Torna alla mente la scazzottata tra Ibrahimovic e Onyewu del novembre 2010, a cui l’Inzaghi calciatore fece da spettatore. Un caso mediatico, all’epoca, sgonfiato dalla sapiente figura di Adriano Galliani. Evidentemente l’allenatore piacentino nel parlare di “differenze” si riferiva proprio a un paragone con la gestione riservata ai casi Schiattarella-Insigne e Caprari-Dabo. Sottigliezze, ma mica tanto.

Ora che la musica è finita, e che gli amici se ne sono andati dopo la serata più inutile dell’anno, si staglia davanti l’autostrada del futuro. “Un giorno forse ci ritroveremo”, dice Inzaghi, ma è indubbio che più che il frastuono di un arrivederci è il sibilo di un addio.

Lui lascia il Benevento lì dove lo aveva preso, ma c’è anche chi resta. E a chi resta spetta ora il compito di dare altrettante spiegazioni a una piazza a cui non può bastare il contentino di una spedizione punitiva in pullman. Tra l’altro culminata con l’esclusione di Gori, la beffa delle beffe dopo giorni di attesa per il tributo a una leggenda. Lo avrebbe meritato, per qualsiasi cifra. Ma il calcio dei romantici è finito da un pezzo e dunque faremo finta che quella presenza, Ghigo, l’abbia timbrata davvero. Non è mica da questi particolari che… .