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Milano – “Parlate a bassa voce, altrimenti si sente tutto”. Il messaggio che arriva a San Siro da Benevento sarà pure ironico, ma è la sintesi perfetta di un pomeriggio al di fuori dell’ordinario. Un tempio del calcio si è trasformato improvvisamente in una chiesa dall’accesso esclusivo. In cui si prega, sì, ma senza alzare il tono di voce. 

Tra giornalisti, operatori, steward, addetti ai lavori nerazzurri e un paio di centinaia di tifosi, la somma non raggiunge le cinquecento presenze. Numero alto, si dirà, per una gara a porte chiuse, ma al tempo stesso infinitesimale in una cornice in grado di ospitarne circa ottantamila. Ciò che si dice viene amplificato, ciò che si urla è seguito da una strana eco che restituisce al mittente un suono distorto e al tempo stesso desolante. 

L’approccio con la desolazione, a dir la verità, si verifica già all’uscita della stazione metro ‘San Siro Stadio’, l’ultima della linea lilla. Non ci sono venditori, stand, furgoncini o luoghi di ristoro ambulanti perché – essenzialmente – non c’è gente. Qualcuno fa jogging nell’immenso piazzale, altri si trovano lì ad ammirare dall’esterno la struttura e altri ancora, con la sciarpa giallorossa al collo, rimuginano sul fatto che non potranno varcare la linea di ingresso per la scelta di far giocare la gara a porte chiuse. Così come tanti altri, avevano già prenotato viaggio e albergo ben prima del provvedimento ma hanno voluto comunque raggiungere Milano per una gita fuori porta. 

Intanto un cartellone pubblicitario 6×3 di una nota catena alimentare, stropicciato e malandato, illustra l’offerta natalizia sul gambero argentino decongelato. Non ci sono riferimenti a Icardi, il cui rinnovo di contratto è vicenda al centro dell’attenzione da ormai diverso tempo, ma viene quasi automatico collegare fantasiosamente il tutto all’auspicio dei tifosi nerazzurri su un ‘passo indietro’ del centravanti e della sua ‘agente speciale’ Wanda circa le richieste economiche eccessive per un prolungamento. Sta di fatto che la data di scadenza dell’offerta (un bel 40%, tra l’altro) parla di 31 dicembre 2018 e ciò vuol dire almeno due cose: la prima è che quel gambero non è più in sconto, la seconda è che il Meazza non si è ancora risvegliato dalla malinconica notte del 26 dicembre, chiudendosi in un silenzio tutto suo dal sapore di protesta. E poi c’è un led che non fa altro che rendere il concetto ancora più chiaro: “Partita a porte chiuse”, recita la scritta gialla su sfondo nerazzurro quando ci avviciniamo ormai al fischio d’inizio. 

Dall’interno il tramonto è tutt’altra storia. Sulle torri di San Siro c’è chi ha scritto pagine intere. Il colore che assumono una volta bagnate dagli ultimi raggi di sole della giornata comunicano un romanticismo comune a pochi altri suoi simili. Il cielo si colora per qualche istante di giallorosso, mentre a diversi chilometri di distanza il cuore della città pulsa di svago, di fuga dalla dura e infinita settimana di lavoro che tra qualche ora riprenderà ciclicamente a scorrere. Salire i gradoni è un’esperienza quasi mistica, ogni passo ha un suono, come ogni calcio dato al pallone dai giocatori in campo. Sul rigore di Icardi si riesce a sentire il rumore sordo dell’impatto tra la sfera e la rete. Quattro minuti dopo, il palo colpito dall’argentino, è amplificato all’inverosimile. Le sue note si disperdono, poi si eclissano simultaneamente al sinistro vincente di Candreva. Sono passati soltanto sei minuti e la partita è già finita. Come il calcio senza tifosi, come uno stadio senza la sua gente.