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In un’epoca ormai lontana si narrava che il segreto della forza del Pd risiedesse nel suo “radicamento territoriale”. I cantastorie facevano presa nell’immaginario collettivo evocando figure mitiche come il “partito-comunità” o ancora il “partito dei sindaci”.  Il tempo, poi, sempre fedele all’etica del dovere, da galantuomo ha alzato il velo scoprendo agli occhi di tutti la verità.

In questo senso, i fatti di Sant’Agata dei Goti rappresentano solo l’ultimo (in ordine di tempo e non in termini assoluti) capitolo di un libro già ricco di storie e personaggi. E ci riferiamo, si capisce, solo alla versione sannita del romanzo.

La novità, magari, sta nella sceneggiatura, nella trama consumatasi nelle ore notturne, col favore delle tenebre. E il finale? No, non ci ha sorpreso. Recensione finita. Peccato, però, che in realtà non è di un libro che stiamo parlando. Parliamo di politica. E se è vero (e lo è) che la politica si interessa di noi, qualche riflessione ulteriore va fatta.

Partiamo dalla coda. Il Pd di Sant’Agata dei Goti ha replicato a quanti, sempre all’interno del Pd, nelle scorse ore avevano sollevato dubbi sull’opportunità di sfiduciare “in quel modo” un sindaco eletto appena un anno fa.

La risposta – che poi si sposa con l’unica nota ufficiale diffusa dalla segreteria provinciale del partito – si può riassumere così: “Non sono affari vostri. Il paese è dei paesani”.  

Tutto qui? Si riduce a questo il tanto evocato processo di evoluzione e trasformazione del Pd? Ma davvero il partito che doveva aprirsi e parlare alla società civile manco più con i propri dirigenti vuole discutere?

A quanto pare sì. Pure perché – e torniamo ai capitoli precedenti del libro – è con il silenzio che in passato la dirigenza locale del Pd ha liquidato crisi analoghe. A Benevento a pagare dazio è stato Fausto Pepe, diventato un problema un minuto dopo aver sottoscritto (da sindaco già eletto) la tessera del partito. A Torrecuso le penne ce le ha rimesse Erasmo Cutillo, abbandonato dal suo vice che poi era il consigliere regionale del Pd Erasmo Mortaruolo (il risultato è che ora governa un’amministrazione vicina al centrodestra). A Morcone il capolavoro assoluto: un intero circolo del Pd ‘cacciato fuori’ per fare spazio al sindaco di allora, Costantino Fortunato, poi sconfitto alle urne proprio da chi era stato rispedito a casa.

Badate bene: nessuna di queste vicende (se non in parte quella del capoluogo) è mai stata realmente discussa all’interno degli organismi dirigenti del Pd.

Ed è proprio per questo che i ‘democrat’ di Sant’Agata si consentono quella risposta: tutti colpevoli nessun colpevole.

In fondo, per dirla con Eduardo, “è cosa ‘e niente”.

Ma qui, a furia di ripeterlo, è il Partito Democratico che è diventato “cosa ‘e niente”. Perché ogni romanzo ha una sua morale. E il messaggio che arriva all’esterno, pagina dopo pagina, è chiaro: “Non fidatevi di noi”.

E se un giorno il Pd dovesse decidere per davvero di aprire le proprie stanze a chi oggi è fuori perché meravigliarsi se nessuno avrà più voglia di occuparle. Se non ci sarà nessuna Giovannina Piccoli a voler condividere con altri quello spazio.

Sarà che avranno letto tutti il libro…