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di Francesco Carluccio e Diego De Lucia

Benevento  – Tre televisori a tubo catodico, due materassi, un paio di water e persino un casco integrale. Sono solo alcuni degli oggetti che hanno stretto amicizia sull’asfalto trasandato di contrada Serretelle, una delle aree cittadine più attraenti dal punto di vista paesaggistico, ora martoriata da un presente desolante. 

Attraversata dal torrente da cui prende il nome, l’arteria collega la statale Appia alla zona del Ponte Leproso assolvendo una funzione strategica evidentemente sottovalutata dalle istituzioni. Al degrado, di cui i residenti sono comprensibilmente stanchi, va a sommarsi il rischio idrogeologico. Del resto è il destino delle cose belle: non brillano se non le curi. E dal sopralluogo effettuato stamattina abbiamo inteso che di cura, da queste parti, neanche a parlarne

Ad accoglierci sono tre cittadini di età diversa, uniti però dall’amarezza. Alle promesse politiche degli ultimi anni non ha fatto seguito alcun provvedimento a lungo termine, solo rattoppi per una strada ormai allo stremo. Italo, il più grande dei tre, ha diverse cose da dire: “Vivo qui da 25 anni ed è da allora che aspetto l’installazione di lampioni. La sera giriamo con le torce, facciamo fatica a uscire di casa perché temiamo che da un momento all’altro possa spuntare un cinghiale. Con l’illuminazione pubblica sarebbe diverso, ma è un tema che non è all’ordine del giorno. Eppure siamo nel 2021”.

Antonio invece si concentra sulla viabilità:  “Ogni volta che piove è un disastro, non sappiamo come andrà a finire. L’asfalto cade a pezzi, la strada è stretta e ci appelliamo alla buona sorte. Un mese fa venne l’assessore ai lavori pubblici Pasquariello, promise interventi, ma la situazione è ancora ferma. Ormai è insostenibile”. 

A condurci nel tour a base di immondizia è Fabiana, la più giovane dei tre. Non è un caso che i rifiuti siano ammassati proprio in prossimità delle buche più profonde lungo il percorso. Posti che di notte si prestano non di rado all’illegalità. Man mano che camminiamo, davanti a noi si staglia sempre più grande il profilo della basilica della Madonna delle Grazie. Sembra vicinissima. “Lo è, a piedi raggiungo il centro in meno di un’ora – ci dice – Posso farlo solo quando c’è il sole, altrimenti è un inferno. Anche chi conosce bene la zona ha paura a camminare se a fare luce è la sola torcia”.

Cumuli di immondizia, impossibile non notarli. Qualcuno ha anche provato a scrivere una sorta di minaccia su un foglio A4 messo con lo scotch in prossimità del misfatto (cose del tipo “So chi sei, non ti permettere più”, solo in maniera più colorita) ma niente. L’inciviltà non conosce limiti né padroni. 

Ci passano accanto cinque temerari in mountain bike, evitano le voragini e tirano dritto verso il centro storico. Una manovra sbagliata e si va a terra, lo sanno anche le auto che sfrecciano nonostante i terribili ostacoli disseminati lungo la carreggiata (peraltro strettissima, due vetture fanno già un ingorgo). “La mia macchina gode ancora di buona salute – continua Fabiana facendo i debiti scongiuri – ma è ovvio che ogni volta che si passa per di qua si fa una preghiera”. 

La fanno anche i corrieri incaricati delle consegne a domicilio. Su questo piano ultimamente qualcosa si è mosso con l’aggiunta della segnaletica, per la verità in alcuni punti già ostruita dalla vegetazione. “Nessuno di noi ha il numero civico, dal Comune ci hanno fatto sapere che a breve provvederanno”, dice Italo serbando un pizzico di perplessità. “Stiamo invocando anche interventi per la rimozione di un albero che impedisce il passaggio di mezzi pesanti”, conclude. 

Ce ne sono tanti, di arbusti, a contornare la strada sia a destra che a sinistra. La cura di molti di essi dovrebbe spettare ai proprietari terrieri, ma anche qui i dubbi sono molteplici, visti i numerosi ruderi e casolari abbandonati a se stessi: “Alcuni terreni sono in vendita, i proprietari vivono nelle grandi città o comunque altrove – prende la parola Antonio -. Hanno lasciato tutto così e noi che viviamo la quotidianità dobbiamo arrangiarci. Oggi c’è il sole e fortunatamente anche poco traffico, ma in alcuni giorni la situazione è invivibile per noi residenti”, conclude. 

Prima di andare via ci guardiamo intorno, sembra di essere in un altrove indefinito. L’acqua del torrente, reperti di epoca romana riemergono dalla vegetazione mentre un contadino lavora la sua terra. La strada ci chiama, sembra il sentiero di un luogo fiabesco condannato a chissà quale penitenza. Come si fa a trascurarlo esponendo chi lo abita a rischi incalcolabili? Da troppo tempo questa domanda attende una risposta dignitosa.