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Il Clan dei Casalesi è ancora pienamente operativo e fortemente radicato nel Casertano. Lo dice a chiare lettere la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione diffusa oggi e relativa al semestre gennaio-giugno 2020, periodo in cui la pandemia aveva già iniziato a far sentire i suoi effetti sulla salute e l’economia.

Ma l’emergenza Covid non ha ridotto il potere dei clan dei camorra, specie nei territori storicamente controllati dalle cosche. E’ così che le principali famiglie camorristiche facenti parte della “federazione Casalese”, ovvero gli Schiavone e i Bidognetti di Casal di Principe, e gli Zagaria di Casapesenna, continuano “a mantenere il controllo del territorio nel Casertano, privilegiando, ora, la ricerca dell’egida nei mercati legali e l’infiltrazione della pubblica Amministrazione rispetto ad un uso spregiudicato della forza”; un clan che fa “ricorso a sempre nuove modalità di azione per la gestione delle tipiche attività illecite (estorsioni, usura, traffico di stupefacenti, gioco e scommesse illegali)”, e che nel corso degli ultimi tre decenni, nonostante i continui arresti e pentimenti anche eccellenti (come quelle di Nicola Schiavone, figlio del “padrino” Francesco “Sandokan” Schiavone), è stato in grado di “gestire un notevole potere economico grazie alla capacità di condizionamento della realtà politica locale, che ha consentito di drenare ingenti risorse dall’economia legale riuscendo ad infiltrare appalti, commesse e ottenendo incarichi pubblici funzionali agli affari criminali. Si tratta di un circolo vizioso che consente di accrescere il potere delinquenziale e che agisce secondo schemi perfettamente collaudati. Tra di essi, immancabile nelle inchieste più complesse degli ultimi anni, quello che vede centrale il ruolo di imprese colluse disposte a offrire impiego fidelizzando così un folto numero di sodali, i quali costituiranno, a loro volta, quel bacino di voti utile per far eleggere amministratori piegati agli interessi dei sodalizi mafiosi. Questi ultimi restituiranno il favore ricevuto attraverso il conferimento di nuovi appalti in un circuito illegale che si perpetua in danno dell’imprenditoria virtuosa”.

Il controllo di quella che viene definita “area grigia”, appunto l’insieme di funzionari della Pubblica Amministrazione, imprenditori e professionisti collusi, si è consolidato negli anni. “Appare chiaro – si legge nella relazione – come la disgregazione delle strutture interne e l’assenza fisica dal territorio dei boss storici (molti dei quali detenuti da lunghi anni in regime differenziato) non abbia affatto dato luogo a forme di instabilità e conflittualità tipiche, invece, della camorra partenopea. Tale situazione ha, diversamente, orientato la consorteria verso nuovi assetti organizzativi più stabili e fondati su un consolidamento delle relazioni con quell’area grigia. L’assenza di omicidi è ormai un elemento distintivo del clan dei Casalesi che perdura trattandosi di una precisa scelta strategica di mimetizzazione nel tessuto sociale e produttivo”. La forza delle famiglie che compongono la “galassia Casalese” è anche nella capacità di riorganizzarsi immediatamente dopo gli arresti o i pentimenti. “Tra le varie componenti del cartello dei Casalesi, il clan Schiavone, scrive la Dia, “continua a detenere la primazia nei territori di influenza attraverso una struttura unitaria che affida la reggenza al sodale libero più autorevole e si basa sulla fedeltà degli altri gruppi federati”. In seno a questi “figura la famiglia Russo (definita in atti giudiziari come “ala gemellata” agli Schiavone) i sodali Panaro, Corivno, Bianco, Cacciapuoti, originari di Casal di Principe, e il gruppo Caterino, Diana, Martinelli che costituisce la costola sanciprianese del clan”. Pienamente operativo nei comuni di Parete, Lusciano, Casal di Principe, Villa Literno, sul litorale domitio, dove coesiste anche la mafia nigeriana che controlla droga e prostituzione, e in altre aree della provincia casertana, è anche il clan Bidognetti, che “conserva la sua capacità d’azione grazie anche al sostegno economico e militare delle famiglie napoletane Mallardo Licciardi. A fronte di tali accordi, si sono affermati nel territorio nuovi personaggi che hanno proseguito la gestione delle attività criminali del clan Bidognetti operando nell’alveo della cosiddetta “Nuova gerarchia del clan dei Casalesi”, appellativo con il quale si presentavano alle vittime delle estorsioni, ed i cui introiti confluivano anche nelle casse del clan Bidonetti”.

C’è poi la famiglia dalla maggiore vocazione imprenditoriale, quella che fa capo a Michele Zagaria e ai suoi fratelli, tra cui Pasquale, ritenuto la “mente economica del clan”, e alle sorelle. “Diversi provvedimenti cautelari – spiega la relazione – hanno stigmatizzato vicende che hanno ben definito la connotazione imprenditoriale della famiglia Zagaria, la quale ha mantenuto il suo potere criminale non solo attraverso l’apporto di fedeli affiliati e di imprenditori asserviti al clan, ma soprattutto riconoscendo un ruolo importante alle mogli e alle sorelle dei propri esponenti di vertice, alle quali è stata affidata la gestione degli ingenti capitali accumulati dal sodalizio”.

Altri clan operano in diverse aree del Casertano. La città capoluogo di Caserta, è da sempre sotto il controllo del clan Belforte di Marcianise, che è presente attraverso gruppi satellite anche nei vomuni di San Nicola la Strada, San Marco Evangelista, Casagiove, Recale, Macerata Campania, San Prisco, Maddaloni San Felice a Cancello. A Santa Maria Capua Vetere è forte il gruppo Del Gaudio, a Mondragone ci sono gli eredi del clan La Torre, vicini ai Bidognietti, a Pignataro Maggiore, nota una volta come la “Svizzera dei clan”, c’è il clan Ligato, mentre a Sessa Aurunca e nei comuni limitrofi è operativo il clan Esposito, noto come “i Muzzoni”.