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Caserta –  Rilevante deposizione oggi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) al processo in cui è imputato l’ex ministro delle Telecomunicazioni ed ex deputato di An e Pdl Mario Landolfi, accusato di corruzione e truffa con l’aggravante mafiosa, per aver agevolato il clan dei Casalesi. E’ stato sentito infatti Giuseppe Valente, collaboratore di giustizia ed ex presidente del Consorzio rifiuti Caserta4, che per la Dda sarebbe stato un “giocattolo” nelle mani della politica e del clan dei Casalesi.

Il processo a Landolfi è una costola del procedimento a carico dell’ex sottosegretario nonché coordinatore campano del Pdl Nicola Cosentino, conclusosi in  primo grado con la condanna dell’ex politico di Casal di Principe a nove anni per concorso esterno in associazione camorristica, in quanto ritenuto, proprio in relazione alla questione del consorzio e della gestione dei rifiuti, il “referente politico nazionale” del clan dei Casalesi.

La contestazione a Landolfi riguarda invece una singola vicenda accaduta nel 2004 a Mondragone, comune del Casertano di cui l’ex aennino è originario; secondo la Dda Lanfoldi avrebbe fatto dimettere il consigliere comunale di opposizione Massimo Romano per far entrare in Consiglio una persona che avrebbe aiutato l’allora sindaco Ugo Conte, di centro-destra, a tenere la maggioranza; queste manovre avvennero ad un mese dalle elezioni comunali.

L’accusa sostiene che Landolfi promise a Romano una carica per il fratello Agostino, ispettore di Polizia, nella giunta che sarebbe uscita dalle elezioni successive, e un posto di lavoro per la moglie, che fu assunta con contratto di tre mesi dall’Eco4, la società mista risultata infiltrata dal clan dei Casalesi, che tra il 2000 e il 2004 ha raccolto per conto del Consorzio Caserta4 i rifiuti in numerosi comuni del Casertano. Valente ha confermato che “la moglie di Romano fu assunta in Eco4 ma non veniva a lavorare”.

Sulla nomina ad assessore di Agostino Romano, invece Valente non conferma il patto pre-elettorale, fulcro dell’accusa, ma accredita la versione dell’incarico politico. “Nella scelta degli assessori fu adottato il criterio dello scorrimento delle liste – ha spiegato – per cui An conquistò quattro consiglieri e aveva diritto a tre assessori; Agostino Romano fu il settimo votato e ottenne il posto in giunta”.

In un’intercettazione allegata agli atti inoltre, Romano dice all’allora sindaco Conte di fargli da sponsor presso Landolfi per ottenere il posto da assessore. La vicenda si intreccia con un’altra avvenuta sempre in quel periodo, quella delle dimissioni di un’altra consigliera comunale di Mondragone, legata ai clan di camorra, la cui presenza in Consiglio aveva portato all’arrivo della Commissione d’Accesso che doveva decidere se sciogliere Mondragone per infiltrazioni mafiose. La D’Agostino si dimise facendo entrare il primo dei non eletti che era dell’opposizione, così fece anche Romano facendo entrare in assise un nuovo consigliere che invece si sistemò in maggioranza e aiutò Conte.

Lo scioglimento alla fine fu evitato e furono evitate ripercussioni sul Consorzio rifiuti formato dai Comuni, la cui maggioranza, grazie proprio a Mondragone, era di centro-destra. Valente ha raccontato che fu “Lorenzo Diana (ex senatore e deputato di Ds e Pd e volto noto dell’Antimafia ora indagato per reati di camorra, ndr) a premere presso la prefettura di Caserta perché sciogliesse Mondragone. Ciò avrebbe avuto ripercussioni sul Consorzio, così chiesi a Cosentino e Landolfi di parlare con il prefetto”.

I due parlamentari incontrarono in effetti l’allora prefetto Schilardi, lo stesso Lanfolfi lo ha confermato in un interrogatorio, precisando che “si trattò solo di un intervento di carattere politico”. Dalla deposizione è poi emerso che il legale politico tra Valente e Landolfi non fosse così forte. “Io ero in Forza Italia ed era Cosentino il mio referente a livello provinciale – ha racconto Valente rispondendo alle domande del legale di Landolfi, Michele Sarno – con Landolfi mi rapportavo per questioni locali”.

Valente ha però spiegato che fu Cosentino a chiedergli “di candidarmi per le Regionali, ma che dopo pochi giorni mi disse che non ero più candidato. Seppi che sul mio nome c’era stato il veto anche di Landolfi che temeva la mia ascesa politica a Mondragone, e che in un pezzo di giornale scrisse che dovevo prima dimettermi da presidente del Ce4 e poi candidarmi”.