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Caserta – “La scarcerazione di Giuseppe Setola fu decisa dalla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere sulla base delle relazioni dei medici delle carceri di Cuneo e Rebibbia in cui fu Setola detenuto, che concludevano per l’incompatibilità delle sua situazione di salute con il carcere”. Lo ha dichiarato l’ex legale di Setola, Girolamo Casella, nel processo in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) in cui il capo dell’ala stragista dei Casalesi è imputato insieme all’oculista di Pavia Aldo Fronterrè.

Ma mentre Setola risponde di simulazione di reato, per il professionista lombardo l’accusa è quella ben più grave di concorso esterno in associazione camorristica; secondo la Dda di Napoli, Fronterrè avrebbe presentato false attestazioni mediche permettendo a Setola, nel gennaio 2008, di ottenere gli arresti domiciliari in un’abitazione nei pressi della clinica Maugeri di Pavia dove si sarebbe dovuto curare; il 18 aprile dello stesso anno, però, Setola evase dalla clinica, dando inizio alla stagione del terrore nel Casertano che causò 18 morti, tra cui i sei immigrati africani uccisi nella strage di Castel Volturno. Sotto accusa, in particolare, la consulenza che Fronterrè firmò nel febbraio 2007, in cui dichiarò Setola incompatibile con il carcere, in quanto riscontrò al killer – falsamente secondo l’accusa – un grave problema grave all’occhio destro, nonostante tutti gli accertamenti medici precedenti avessero evidenziato che Setola soffriva di un foro maculare all’occhio sinistro per un evento traumatico subito in giovane età.

Oggi per Casella, già condannato definitivamente dalla Cassazione a 11 anni di carcere per associazione mafiosa perché ritenuto il messaggero di Setola all’esterno del carcere, era previsto il controesame da parte dei difensori di Fronterrè, Pasquale Coppola e Marco Imbembo. Casella ha confermato parte delle cose già riferite al pm Alessandro Milita durante l’esame sostenuto nell’udienza del 30 ottobre scorso, ma incalzato dal collegio di difesa, ha ammesso che la decisione della Corte d’Assise del 18 gennaio 2008 di concedere i domiciliari a Setola per motivi di salute, non si basò sulla certificazioni emesse da Fronterrè, che peraltro era stato contattato da Setola solo nell’estate 2006, ma “sulle relazioni mediche presentate dai dirigenti sanitari delle carceri in cui Setola era stato prima di essere scarcerato”.

Dichiarazioni che, per la difesa, diminuiscono di molto il coinvolgimento di Fronterrè nella vicenda. Casella ha poi anche confermato, rispondendo ad una domanda del pm della Dda presente oggi in aula, Alessandro D’Alessio, di non aver mai rivelato a Fronterrè la caratura criminale di Massimo Alfiero, esponente del clan Bidognetti di Casal di Principe, che si interessò perché Setola ottenesse i domiciliari avvicinando prima Casella e poi incontrando lo stesso Fronterrè.