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Caserta – C’era anche Gabriele Brusciano, esponente del clan dei Casalesi ed ex fedelissimo del sanguinario boss Giuseppe Setola, nel gruppo di fuoco guidato dallo stesso Setola che il 12 dicembre 2008, con il Casertano già martoriato da 18 morti di camorra tra cui la strage dei ghanesi, tentò di uccidere due affiliati che ritenuti “nemici”, sparando decine di proiettili con kalashnikov e pistole alle finestre delle rispettive abitazioni: nessuno dei due bersagli fu colpito mentre una donna assolutamente incolpevole rimase ferita. Un raid interamente ascoltato in diretta dagli inquirenti che erano sulle tracce di Setola. Li dobbiamo uccidere, hai capito? Na botta ‘nfaccia” ordinò ai suoi uomini il boss in dialetto, seguito da risate, voci che intonavano canzoni neomelodiche, e gli spari, tanti. Brusciano, detto “Massimo”, da tempo detenuto, ha ricevuto oggi in carcere l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della Dda per i tentati omicidi di Salvatore Orabona e Pietro Falcone; Orabona da qualche mese si è pentito e sta rendendo dichiarazioni soprattutto sul clan Zagaria.

I fatti furono quasi l’epilogo della stagione del terrore che nel 2008 insanguinò il Casertano; una strategia ideata dal boss Giuseppe Setola, ex braccio destro del capoclan Francesco Bidognetti, che ad aprile 2008 evase dalla clinica di Pavia dove era ai domiciliari per presunti problemi all’occhio destro; da allora iniziò a seminare terrore uccidendo parenti di esponenti di spicco del clan che avevano scelto di collaborare con la giustizia, come Umberto Bidognetti, papà del pentito Domenico, o imprenditori che avevano denunciato e fatto arrestati gli estorsori del clan, come Domenico Noviello, o che erano in procinto di parlare con gli inquirenti, come Michele Orsi; fece scalpore la strage dei ghanesi avvenuta il 18 settembre 2008. A dicembre Setola, con alcuni suioi fedelissimi già arrestati, riuscì a mettere in piedi un gruppo di otto sicari per colpire Orabona e Falcone, che a suo dire, contrastavano la sua ascesa e non volevano sottomettersi al suo comando.

I fatti avvennero a Trentola Ducenta, dove risedevano i due bersagli; i killer guidati da setola, armati di pistole e kalashnikov, si recarono prima nei pressi dell’abitazione di Orabona, in via Caravaggio, e con il pretesto di offrirgli una torta ed una bottiglia di champagne provarono a tendergli una trappola; Orabona però intuì di essere una vittima designata e non uscì, restando nascosto in casa; a quel punto Setola e così, sorpresi dal comportamento di Orabona, e forse in preda ad alcol e cocaina, iniziarono a sparare verso la finestra dell’abitazione del camorrista senza però ferire nessuno. Il gruppo di fuoco si portò allora verso casa di Falcone, nella vicina via Vittorio Alfieri, ma probabilmente per un errore nell’individuazione dell’appartamento, spararono verso un’altra abitazione dove dimorava una famiglia del tutto estranea ai clan di camorra, tanto da ferire gravemente una donna.