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In Italia cala la quantità di rifiuti radioattivi, ma in Campania cresce. Il dato risulta dall’inventario dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin). La pubblicazione è aggiornata al dicembre 2022, e indica un modesto incremento dei rifiuti radioattivi in Campania (+5 metri cubi) dal 2021. La Campania, infatti, è una delle otto regioni italiane in cui sono presenti. Ne contiene l’8,01% del totale (2.495 mc). Non solo, perché la è anche la seconda regione in termini di attività totale sul territorio. Cioè di misura della radioattività, la cui unità di misura è il Bq (becquerel). Se il Piemonte monopolizza questo capitolo con 1.977.410 Gigabecquerel (il 72,53% del totale nazionale), la Campania conta 346.897 GBq (il 12,72%).

L’Isin informa che ammontano a 31.159,1 m3 i rifiuti radioattivi detenuti in Italia, dove negli anni ’80 fu fermato l’esercizio delle centrali nucleari. Sono presso depositi temporanei: rispetto al 2021, si registrano 653,4 m3 in meno. “Un calo – spiega una nota – dovuto non alla minore produzione di rifiuti ‘civili’ – medici e industriali – bensì alle attività di trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi che hanno comportato una riduzione del volume“. Nel corso del 2022 “sono state inoltre svolte attività di produzione e gestione rifiuti radioattivi, comprese operazioni di trattamento e condizionamento eseguite in sito (ad es.condizionamento fanghi, operazioni di cernita e overpacking rifiuti solidi, ecc.) e l’invio fuori Sito ai fini del trattamento e/o condizionamento (ad es. incenerimento resine, fusione materiali metallici, supercompattazione rifiuti solidi comprimibili)“. Nel contempo, “sono rientrate, presso la Centrale del Garigliano, 331 overpack (imballaggi, ndr) derivanti dal trattamento di supercompattazione di rifiuti”. La stessa Centrale casertana di Sessa Auruncaha invece inviato materiale di bassa e molto bassa attività alla fonderia svedese di Cyclife”.

La regione che detiene la quantità maggiore di rifiuti radioattivi è il Lazio, con 9.591 m3 (30,78% del totale nazionale), seguita da Lombardia (6.462 m3, pari al 20,74%), Piemonte (5.923 m3, 19,01% del totale), Basilicata (3.857 m3, 12,38%), Campania, Emilia Romagna (1.167 m, 3,74%) e Toscana (1.038 m3, 3,33%). In coda la Puglia, con 625 m3 di rifiuti radioattivi detenuti e una percentuale, sul totale, del 2,01%. Oltre che in Campania, cresce la quantità in Lombardia (+ 352 m3), Piemonte (+ 99 m3), Basilicata (+ 25 m3) e Toscana (+ 4 m3). Diminuisce, viceversa, in Emilia Romagna (- 713 m3) e Lazio (- 435 m3). Stabile la Puglia. In tutto, si tratta di rifiuti radioattivi la cui attività totale è pari a 2.726.353,9 GBq (- 59.040 GBq rispetto al 2021).

Le sorgenti radioattive dismesse, ovvero quelle sigillate e non più utilizzate – afferma l’Isin -, presentano un’attività pari a 860.501,7 GBq (-22.716,5 GBq rispetto al 2021); l’attività del combustibile nucleare irraggiato, espresso in TBq, è pari a 32.425, 5 (-854,8 TBq)“. L’Ispettorato per la sicurezza nucleare precisa, comunque, che “il 99% del combustibile nucleare irraggiato delle quattro centrali nucleari nazionali dismesse non si trova più in Italia“. Lo hanno inviato in Francia e in Gran Bretagna, “dove è stato sottoposto a processo chimico per il recupero di nuovo combustibile nucleare fissile”. Farà prerò “presto rientro in Italia come rifiuto radioattivo vetrificato di minore volume rispetto a quello di partenza“.