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Carlo Marino si candida alla presidenza della Provincia di Caserta, nelle elezioni provinciali tenutesi il 12 ottobre scorso, sostenuto sulla carta da ben 5 liste (il PD; i Riformisti e Democratici, lista ispirata da Gennaro Oliviero; Campania Libera di Luigi Bosco; i Moderati, lista approntata da Zannini; Campania in Movimento di Piscitelli), mentre il suo diretto competitor, Giorgio Magliocca, è sostenuto da 1 sola lista(Forza Italia).

Le liste che si contendono i 16 seggi al consiglio provinciale sono quindi complessivamente 6.  Sulla griglia di partenza, dunque, Carlo Marino avrebbe potuto contare su quasi 75mila voti, mentre Magliocca su poco più di 18mila voti. Una differenza di oltre 55000 voti ponderati.

L’inaspettata e incredibile sconfitta del candidato del centrosinistra alla presidenza della Provincia di Caserta, Carlo Marino, ha provocato un terremoto politico soprattutto tra le fila del Partito democratico casertano, con il commissario provinciale senatore Franco Mirabelli che ha accusato il consigliere regionale Gennaro Oliviero di aver sollecitato a votare il candidato del centrodestra Giorgio Magliocca agli amministratori candidati al Consiglio provinciale nella lista Riformisti e Democratici, determinando così la sconfitta di Marino.

In premessa va detto, intanto, che la lista del Partito Democratico – di cui Carlo Marino è espressione – è stata presentata incompleta (11 candidati su 16 da eleggere) e poco competitiva, anche perché sembrerebbe che il senatore Mirabelli avrebbe posto sin dall’inizio una serie di veti sulle candidature di molti amministratori locali- di fatto di area Pd – come i consiglieri di opposizione a Marcianise (tra i quali figurano il primo eletto nella lista Riformisti e Democratici, con quasi 4000 preferenze, Pinuccio Moretta e l’ex segretario provinciale del Pd Dario Abbate) e i consiglieri di maggioranza di Santa Maria Capua Vetere (come il consigliere Petrella, candidato espressione del sindaco Antonio Mirra nella lista Campania Libera dell’On. Bosco).

Inoltre, non tutte le figure “istituzionali” del partito democratico avrebbero mantenuto l’impegno assunto in tutte le riunioni provinciali con il commissario Mirabelli per la definizione della lista PD, vale a dire quello di indicare almeno 2 candidature a testa di amministratori in lista.

Stando ai numeri, invece, avrebbero mantenuto l’impegno l’europarlamentare Nicola Caputo con 2 candidati (tra questi la professoressa Angela Improta, eletta nella lista PD al Consiglio provinciale con quasi 2500 voti), l’onorevole Camilla Sgambato, l’onorevole Pina Picierno e l’onorevole Gennaro Oliviero con altrettanti candidati, nonché la senatrice Rosaria Capacchione con 1 sola candidata, Raffaella Zagaria, anch’ella eletta tra le fila democratiche.

Diversamente, altri “istituzionali” hanno ritenuto o di non indicare alcun candidato in lista oppure di candidarne alcuni con scarso appeal elettorale, inducendo molti nel partito a pensare che questa decisione potesse essere consapevole e voluta per “favorire” il candidato dell’onorevole Stefano Graziano, ossia Marco Villano eletto nella lista del partito democratico.

La debolezza della lista Pd, peraltro, avrebbe determinato la scelta, del tutto personale, di molti amministratori iscritti al Pd di candidarsi in altre liste, sempre a sostegno di Carlo Marino presidente, come nel caso del sindaco di Sant’Arpino Giuseppe dell’Aversana, candidato nella lista Riformisti e Democratici.

Tutto ciò premesso, dall’analisi dei risultati elettorali emergono alcuni dati che consentono di fare alcune considerazioni che, corroborate da fatti e numeri, escluderebbero una qualche sussistenza di elementi di credibilità nel teorema ipotizzato dal senatore Mirabelli, per giustificare una discussa gestione del partito e di tutta la vicenda politica preelettorale – a partire dalle alleanze – conclusasi purtroppo con la sbalorditiva sconfitta di Carlo Marino.

La prima. Il dato che da solo basterebbe a “smontare” il teorema del sen. Mirabelli è rappresentato dalla cifra elettorale complessiva delle liste che sulla carta hanno sostenuto Carlo Marino, vale a dire la somma dei voti delle 5 liste (PD, Riformisti e Democratici, i Moderati, Campania libera e Campania in movimento): il totale dei voti raccolti è di 74423 voti ponderati, contro i 18543 della lista Forza Italia a sostegno di Magliocca.

Ebbene, il candidato alla presidenza Marino ha raccolto solo 42149 voti, mentre il candidato presidente Magliocca ha vinto con 50347 voti ponderati.

La candidatura di Marino ha perso sul campo poco più di 32mila voti. La lista Riformisti e Democratici, che il senatore Mirabelli attribuisce all’on. Gennaro Oliviero, ne ha invece raccolti solo 14661, meno della metà.

Ma è nell’analisi più approfondita dei risultati elettorali, condotta fascia per fascia, che il costrutto di Mirabelli perde consistenza.

Veniamo, pertanto, alla seconda considerazione.

Marino perde in tutte le fasce ponderate dei comuni casertani. Perde nella fascia A 108 a 205 (partendo da circa 234 voti potenziali, ne perde ben 126), come perde pure nelle fasce B, C e D, rispettivamente 47-75 141-151 e 153-180.

E perde soprattutto nei comuni di fascia E, la cosiddetta ‘prima fascia’, di cui fa parte il suo stesso Comune, ossia Caserta insieme a Marcianise Aversa e Santa Maria Capua Vetere.

A questo punto, se noi immaginassimo di quantificare la possibile incidenza potenziale che avrebbero avuto la lista Riformisti e Democratici e le altre liste alleate della coalizione di centrosinistra sulla débâcle di Marino, vale a dire il ruolo potenziale delle liste alleate sui mancati voti raccolti, potremmo ancor più intuitivamente constatare come il mancato sostegno a Marino sia da ricercare piuttosto in altri settori della coalizione.

Difatti, mentre i voti per fascia della lista Riformisti e democratici, non arrivano ad eguagliare mai nemmeno la metà dei voti ‘persi’ per Marino (si va dal 35% al 45%), il voto per singola fascia ottenuto dall’aggregato lista Campania libera più lista dei Moderati (Bosco più Zannini) supera di gran lunga i voti di fascia mancanti per Marino (106% fascia A, 112% fascia B, 124% fascia C, 123% fascia D e 118% fascia E).

Valori che salgono fino al 144% se si considera tutto il resto della coalizione di centrosinistra, ad esclusione del PD e dei Riformisti e Democratici.

Non sembrerebbero permanere dubbi, dunque, sul fatto che la stragrande maggioranza dei voti mancanti a Marino, sulla base anche del risultato conseguito dalle liste che avrebbero dovuto sostenerlo, siano stati albergati altrove all’interno della coalizione di centrosinistra, e non piuttosto nella lista Riformisti e Democratici o nel Pd, così come teorizza il commissario Mirabelli.

La terza e ultima considerazione:

il cosiddetto ‘accordo ATO’ non ha tenuto. Il patto siglato da Mirabelli che all’indicazione del Sindaco di Santa Maria Capua Vetere Antonio Mirra a presidente dell’ATO Idrico e del Sindaco di Marcianise Antonello Velardi a presidente dell’ATO rifiuti faceva corrispondere la candidatura a presidente della Provincia del sindaco di Caserta Carlo Marino, chiudeva di fatto un quadro ampiamente maggioritario in 3 delle 4 città cosiddette di ‘prima fascia’, fascia che peraltro vale da sola circa 1/3 del totale dei voti ponderati complessivi.

Nella prima fascia (la E) Carlo Marino poteva contare su ben 81 voti (20817 voti ponderati), contro i 19 di Magliocca (4883).

Ebbene, anche in questa fascia Marino perde per 47 voti (12079 voti ponderati) a 53 voti (13621). Risultato questo che non può essere spiegato se non prendendo atto, dall’evidenza dei numeri, che non c’è stato un voto compatto a Carlo Marino nelle maggioranze consiliari dei comuni dell’accordo ATO’, neanche assumendo – per ipotesi assurda – che i 17 voti (4369 voti ponderati) della lista Riformisti e Democratici siano andati a Magliocca, poiché saremmo ancora molto lontani dai 53 voti attenuti dal candidato presidente del centrodestra.