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Caserta – Ci potrebbe essere una svolta nell’omicidio di Giuseppe Leggiero, il 50enne imprenditore ucciso con una coltellata nella sua azienda di Alife, nell’Alto-Casertano, dal figlio Daniele che era intervenuto in difesa della madre. L’accusa, sostenuta dal pm Giacomo Urbano della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, ha sempre ipotizzato, basandosi sul ritrovamento da parte del medico legale incaricato dell’autopsia di due fori all’altezza dell’torace dell’uomo, che il giovane avrebbe accoltellato il padre almeno due volte appoggiandogli contro il coltello; la difesa, rappresentata dai legali Giuseppe Stellato ed Emanuele Sasso, ha invece sempre contestato la ricostruzione accusatoria, spiegando che Daniele aveva lanciato il coltello, e nei giorni scorsi ha presentato al pm il contenuto della cartella clinica acquisita all’ospedale di Piedimonte Matese, dove l’uomo era stato portato in fin di vita, per poi morire; dalla documentazione, che la Procura non aveva mai acquisito prima, emerge che al 50enne Leggiero, la sera in cui è arrivato all’ospedale, è stata praticata la pericardiocentesi, un intervento effettuato dai medici per svuotare una sacca di sangue che si era formata vicino al cuore dopo il ferimento. I medici dunque, nel tentativo disperato di salvare la vita a Leggiero, hanno praticato un buco nel torace per estrarre il sangue. Per la difesa questo secondo foro sarebbe identificabile proprio con quello indicato dal pm, che aveva però parlato di foro provocato da una coltellata. Il giovane Leggiero, attualmente ai domiciliari con il braccialetto elettronico, ha raccontato di essere intervenuto durante un violento litigio tra i genitori e di aver ucciso il padre per difendere la madre da un probabile pestaggio. In un primo momento la donna si era autoaccusata del delitto per scagionare il figlio, poi però è emersa la verità.