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Napoli – L’intensa attività social degli affiliati ai clan e dei loro parenti ha dato una grossa mano agli inquirenti della Squadra Mobile di Napoli e alla DDA che all’alba di oggi hanno arrestato 37 dei 38 destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nei confronti di presunti affiliati alle famiglie malavitose Rinaldi, Reale e Formicola che fanno affari illeciti nel quartiere San Giovanni a Teduccio del capoluogo partenopeo ma anche in altre zone della città e della provincia.
Si tratta di famiglie facenti parte della cosiddetta Alleanza di Secondigliano, in lotta contro il clan Mazzarella (storico rivale dell’Alleanza) per la sparizione delle attività criminali: le indagini, che si sono protratte tra il 2014 e il 2019 hanno documentano anche gli scontri a colpi di armi da guerra, come i kalashnikov, che hanno insanguinato l’area orientale della città di Napoli, nelle zone di piazza Mercato e Porta Nolana nonché nei comuni di san Giorgio a Cremano e Portici.
L’attività degli inquirenti intende anche accertare come i clan riescano ad entrare in possesso di armi così potenti, come gli AK47. Tra i destinatari delle misure cautelari figura anche un armiere, una figura trasversale che faceva affari rifornendo di pistole e mitra anche altre organizzazioni criminali. Durante le indagini è emerso l’elemento identitario del clan Rinaldi, un logo, anzi un numero, il “46”, chiaro riferimento al “lotto 46”, il complesso di edilizia popolare dove il clan Rinaldi ha eretto la propria roccaforte, un numero ricorrente nelle conversazioni, sui social e anche sulla pelle degli indagati: molti, infatti, se lo sono fatti tatuare addosso per rimarcare la propria appartenenza.

In manette, all’alba, sono finiti capi, luogotenenti e gregari delle famiglie malavitose. Alcuni erano liberi come Maria Domizio, 62 anni, moglie del capo clan Ciro Formicola (già in carcere da tempo), e Mario Reale, 51 anni, capo dell’omonima famiglia. Ma le ipotesi di reato formulate dagli investigatori della DDA riguardano anche persone già in carcere, come Ciro Rinaldi, 57 anni, e Francesco Silenzio, 46 anni, entrambi ritenuti a capo delle omonime famiglie camorristiche.