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Napoli – Ragazzini armati di coltelli, spesso solo bambini. A Napoli, e non solo, è una vera e propria emergenza, criminale e sociale, per arginare la quale “occorre un potenziamento di telecamere”, ma soprattutto “una tempestiva segnalazione dell’abbandono dell’obbligo scolastico”, poiché “nella maggior parte dei casi chi compie reati del genere proviene da famiglie poco attente all’istruzione”. A dirlo è il sostituto procuratore presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli, Emilia Galante Sorrentino, che, in un’intervista all’ANSA, spiega come sia necessario, anche, potenziare i controlli con più pattuglie.
Certamente, la città dovrebbe essere più sorvegliata da telecamere “perché i riscontri che possiamo avere – spiega il magistrato – sono spesso dati dai ‘cattura targhe’ degli scooter utilizzati dai ragazzini”. Ma il fenomeno dei giovani e giovanissimi armati va affrontato soprattutto nel contesto familiare. “Riscontriamo una provenienza da ambienti socio-familiari molto contigui alla criminalità, scarsa educazione alla legalità. E tutto ciò va letto parallelamente ai dati allarmanti dell’abbandono scolastico”, spiega Sorrentino.
Le famiglie non controllano il numero delle assenze. E la scuola, da parte sua, poco incoraggia la ripresa della frequenza. Abbiamo segnalazioni molto tardive, laddove invece dovrebbero essere fatte già al quinto giorno di assenza. Su questo punto stiamo lavorando e lo abbiamo più volte posto all’attenzione dell’Ufficio scolastico regionale”. Altro dato importante riguarda la carenza dei servizi sociali, per i quali “sarebbe necessario un investimento a livello politico perché aiuterebbero a far lavoro di prevenzione sul territorio e sulle famiglie”.
La pm è contraria all’abbassamento dell’età imputabile dai 14 ai 12 anni e parla, piuttosto, di un problema di legislazione minorile. “Noi possiamo arrestare solo in caso di reati che hanno una pena prevista di nove anni. Anche per quanto riguarda il ferimento con un coltello, non ho quel limite di pena tale da consentirmi di arrestare. Allora trasformiamo il possesso di un coltello in una fattispecie più grave: è così che io ottengo un risultato, non abbassando l’età imputabile”.
E se il minore è coinvolto con i familiari nel confezionamento di stupefacenti o in reati di sangue, il magistrato non ha dubbi: “La salvezza è l’allontanamento dalle famiglie. Quando il bambino partecipa al confezionamento di bustine, che ragazzo verrà fuori? Un potenziale delinquente.
L’alternativa è collocarlo in comunità, anche fuori regione, in modo che possa conoscere una realtà a lui sconosciuta”.
Massima attenzione, poi, agli smartphone, e dunque alle chat e ai social che, sebbene siano una finestra sul mondo, nascondono insidie. “Sette coppie sui dieci si scambiano immagini a contenuto sessualmente esplicito sul web e non sanno che una volta immesse in rete, si trovano di fronte a un viaggio di sola andata”. Insomma, la prevenzione a scuola e in famiglia resta l’arma da utilizzare. Prima che sia troppo tardi.