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Napoli – Potranno uscire dal carcere per partecipare a progetti di inserimento, lavorare, cercare di imparare un mestiere così da essere pronti a inserirsi quando finiranno di scontare la pena. «L’unica carta di reinserimento vero nella società è il lavoro, che permette la lotta alla recidiva». È quanto ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, intervenendo alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa nel carcere di Secondigliano a Napoli per consentire ai detenuti di formarsi e lavorare in attività di pubblica utilità all’esterno o in una officina per le revisioni auto.

«Il lavoro avvicina anche la società interna al carcere alla società esterna – aggiunge – noi abbiamo bisogno di rieducare non solo detenuti ma anche società, rispetto a quello che accade nel carcere». Per il Guardasigilli, la società esterna è «completamente all’oscuro delle dinamiche del carcere». «In questo momento la distanza è ancora siderale – sottolinea il ministro – ai cittadini non interessa nulla di quello che accade nel carcere». «La prima visita in carcere è stata a Secondigliano, ne farò anche altre. Una di queste sarà a Poggioreale che è una delle più difficili», dice Alfonso Bonafede.

«Abbiamo trovato una situazione tragica, per quanto riguarda il sovraffollamento – aggiunge Bonafede – ci sono persone che preferiscono la morte alla permanenza in carcere. Sto sbloccando fondi, in tal senso, per avviare manutenzione ordinaria e straordinaria, ma anche per piccoli progetti. È per investire nella qualità della rieducazione». Per Bonafede l’edilizia penitenziaria comprende anche nuove strutture, ma l’esigenza adesso è «liberare aree che sono chiuse, con la manutenzione». Allo studio anche «piccoli progetti», come la dotazione di computer e collegamento Skype per mantenere un contatto tra detenuti e familiari che sono all’esterno.