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In queste settimane abbiamo assistito a tanti casi di giornalisti che, sulla base di pregiudizi atavici quanto duri a essere spazzati via, hanno dimostrato stupore, meraviglia, incredulità di fronte ai successi che i medici napoletani hanno registrato nella lotta al coronavirus. L’Ospedale Cotugno, con i suoi “contagi zero”, ha attirato elogi da tutto il mondo; il dottor Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’ospedale Pascale, ha sperimentato il farmaco antiartrite Tocilizumab, che ha poi dimostrato di dare ottimi risultati nella cura del coronavirus.

Abbiamo intervistato uno dei più “alti in grado” tra i giornalisti e scrittori napoletani, Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2, per chiedergli un parere sulle eccellenze napoletane nella medicina e nella lotta all’epidemia. Il nome di Sangiuliano è circolato nelle scorse settimane come probabile candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Campania, ma lui ha declinato le proposte affermando di voler restare a fare il giornalista.

 “Quando mi iscrissi alla facoltà di Giurisprudenza, poco dopo la maturità classica”, racconta Sangiuliano, “avevo valutato seriamente la possibilità di studiare medicina perché alcuni tra i miei migliori amici dell’epoca stavano per iscriversi a questa facoltà. Poi, volendo già fare il giornalista, pensai che giurisprudenza fosse la facoltà più adatta. E quella scelta ha pagato. Tuttavia, sono stato a lungo in contatto con i miei amici futuri medici e con mano toccavo il rigore dei loro studi. Ore e ore davanti ai libri per superare esami come chimica, anatomia, farmacologia, professori rigorosissimi che non facevano sconti a nessuno”.

Sangiuliano, la medicina napoletana e campana è al top anche in queste settimane così difficili. Sorpreso?

 “Si capiva benissimo che la scuola medica delle due facoltà napoletane era di altissimo livello, rigore scientifico e tradizione. Del resto una delle prime autentiche scuole mediche del mondo occidentale fu quella salernitana del IX secolo.  L’Ospedale Cotugno fu decisivo per sconfiggere l’epidemia di colera del 1973, il Pascale di Napoli ha una fame mondiale nella scienza oncologica. Si aggiunga che centinaia di medici che operano nelle più rinomate strutture sanitarie del Nord Italia si sono laureati al Sud”.

Eppure, in tanti sembrano non digerire i risultati ottenuti dai medici napoletani. Come se lo spiega?

“Chi, in queste ore drammatiche della pandemia, ostenta aria di sufficienza nei confronti di alcune soluzioni scientifiche messe a punto dai medici napoletani (sulle quali personalmente non ho alcuna competenza) non tiene conto di una tradizione universitaria e scientifica di grande valore”.

Come valuta la risposta dei campani alla epidemia?

“Questa pandemia ci mette un’altra verità: il grande senso civico, integrato da uno spirito di solidarietà, con cui i napoletani e tutti i campani hanno affrontato queste settimane. Certo, come sappiamo Napoli è una città problematica, che ha perso gran parte della sua capacità economica, che ha visto dileguare un importante tessuto industriale negli ultimi anni, che costringe tanti suoi giovani, intelligenze di valore, ad emigrare.  Ma dispone di donne e uomini che possono dare lezioni di civiltà al mondo intero, eredi di una storia millenaria, quella della Magna Grecia, di una grande capitale del Mediterraneo, di Gianbattista Vico e Benedetto Croce”.