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Napoli – Dal 26 settembre 2020 allo scorso 6 ottobre, giorno in cui è stato ucciso Carmine D’Onofrio, figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, a sua volta fratello dell’ergastolano Antonio, detto “Tonino o’ sicco”, nel quartiere Ponticelli di Napoli si sono susseguiti una decina di agguati, tre dei quali mortali (quelli in cui sono stati uccisi Giulio Fiorentino, Salvatore De Martino e Carmine D’Onofrio) e cinque esplosioni di ordigni (una delle quali nei pressi dall’abitazione di Marco De Micco). L’urgenza della misure cautelari emesse dalla DDA (pm Simona Rossi e Antonella Fratello) ed eseguite ieri dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri, si fondano sul pericolo di fuga ma mirano ad attenuare la pericolosità sociale insita nella competizione armata dei gruppi malavitosi locali determinati ad accaparrarsi la gestione del malaffare nella periferia est del capoluogo partenopeo.

A spiegare il capillare controllo della camorra nella zona orientale di Napoli sono i “pentiti“, tra cui figura un ex affiliato al clan De Micco, legato alla famiglia De Martino, che dopo essere scampato a un agguato il 2 novembre 2020 si è presentato ai carabinieri di Cercola, il 4 dicembre 2020, per avviare la sua collaborazione con la Giustizia: “…fino a quando i De Martino hanno fatto parte del cartello camorristico – spiega il collaboratore – i soldi delle estorsioni finivano tutti nella cassa comune da cui si prelevavano i soldi per l’acquisto di stupefacenti, armi e per gli stipendi agli affiliati, il pagamento degli avvocati e il mantenimento dei detenuti…”.

Nello stesso interrogatorio, risalente allo scorso marzo, il pentito spiega anche che ciascun gruppo si occupava “di estorsioni ad imprenditori, nonché a soggetti che sul territorio svolgevano attività illecita come, ai contrabbandieri di sigarette, ai mercatini rionali di merce contraffatta e perfino ai soggetti che facevano truffe assicurative e cambi assegni…”. E tra questi figurano anche un parcheggiatore abusivo che “lavorava” nei pressi dell’Ospedale del Mare, anche lui sottoposto ad estorsione come la donna che gestiva una piazza di spaccio, picchiata per costringerla a passare parte dei suoi guadagni a un clan rivale.