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Hanno studiato anche a Ferragosto per non mancare all’appuntamento con gli esami della sessione estiva ma, varcata la soglia delle aule, a mancare erano docenti e ricercatori.  Questo è quello che succede all’università Federico II di Napoli e in molti atenei d’Italia a causa dello sciopero, promosso dal “Movimento per la dignità della docenza universitaria”, al quale hanno aderito 5.444 professori e ricercatori di 79 università ed enti di ricerca.

La protesta, che durerà fino al 31 ottobre, era stata proclama a fine giugno dopo l’ennesimo incontro al Miur giudicato insoddisfacente dal Movimento che, invece, chiede di sbloccare a partire dal primo gennaio 2015 gli avanzamenti di carriera e gli scatti di stipendio congelati dal governo per cinque anni a causa della crisi economica.

“La partecipazione sarà massiccia, – spiega Carmela Cappelli, membro del senato accademico –  noi protestiamo perché ci sentiamo discriminati, visto che per i magistrati, i diplomatici e anche per gli insegnanti scolastici alla fine si è trovata una soluzione, almeno parziale.  Per i docenti universitari no”.

Un disagio non da poco per gli studenti che non potranno usufruire del primo appello della sessione estiva, cioè quella che va dal 28 agosto al 31 ottobre. Tutti gli esami, infatti, verranno spostati all’appello successivo che si terrà regolarmente. In ogni caso, i docenti assicurano almeno un appello per tutta la durata dello sciopero.

L’iniziativa, però, non è vista di buon occhio dal ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli che la critica fortemente e invita i professori a cambiare la loro modalità di protesta. “Trovo che il blocco degli esami – ha dichiarato il ministro – sia una forma di protesta impropria e impopolare, destinata a creare un forte malcontento. In questo modo, a essere danneggiati, saranno gli studenti. Senza contare che, alla sessione successiva, non sarà possibile perpetrare il blocco. Invito, quindi, i professori a trovare forme differenti per manifestare il proprio dissenso”.