- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

Napoli – Morto per Covid-19 dopo 20 giorni di ricovero all’ospedale Melorio di Santa Maria Capua Vetere. È la storia di Francesco, 59enne di Casal di Pricipe, che è spirato dopo una lunga agonia. La moglie Ida denuncia l’incredibile vicenda sui social: “Sono la moglie dell’architetto Francesco Caterino, vittima della malasanità a 59 anni e sottolineo con nessuna patologia pregressa”. Lutto per l’Istituto Comprensivo De Nicola-Sasso di Torre del Greco per la morte a causa del Covid 19 dell’architetto e docente Francesco Caterino, 59 anni. Era stato il primo professore a contagiarsi nella scuola napoletana. La sua positività era stata scoperta a inizio ottobre e dopo qualche giorno le sue condizioni si erano aggravate. “Ho iniziato a curare mio marito a casa, ho contattato il team covid di Capua. Il medico responsabile del team dopo avermi contattato una sola volta e avermi dato una terapia che già stavo facendo per ulteriori 3 gg è letteralmente scomparso. Telefonavo al suo numero cell, mandavo messaggi via WhatsApp ma nulla. Il vuoto”.

Dopo qualche giorno le sue condizioni si erano aggravate e la moglie aveva richiesto il ricovero in ospedale. “Da buona cittadina rispettosa delle norme ho cercato di non intasare subito la sanità con un ricovero precoce, come si raccomandava, ho chiamato l’ambulanza solo il sesto giorno di malattia di mio marito, ma l’ambulanza che proveniva dal comune di Sparanise si è rifiutata di ricoverarlo perché non stava abbastanza male”. Le condizioni dell’uomo peggiorano e quindi la moglie ci riprova. “Dopo 2 giorni chiamo di nuovo l’ambulanza che questa volta proveniva da Curti è arrivato un team di emeriti incompetenti, la dott.ssa non è neanche entrata in casa per guardare mio marito, ma si teneva a debita distanza, cioè stava fuori casa. L’ambulanza è arrivata a casa mia alle 9,30 ed ha sostato li per circa 3 ore per trovare un posto letto in un ospedale della provincia. (nel frattempo un infermiere della suddetta ambulanza aveva bisogno impellente di urinare e si è accomodato nel giardino di casa mia)”.

Alla fine si riesce a trovare un ospedale libero. “Dopo tre ore pare che si fosse liberato un posto a Caserta, ma arrivati all’ospedale di Caserta si scopre dopo altre tre ore che il posto non c’era; c’era forse la possibilità di ricovero all’ospedale Melorio di Santa Maria CV, che proprio quel giorno inaugurava il reparto Covid. Che fortuna si fa per dire. Arrivata ambulanza al Melorio circa alle ore 15 ci avvisano che l’ospedale non era ancora pronto ad accogliere perché doveva ancora organizzarsi, quindi si aspetta circa altre 2/3 ore. Nel frattempo la dott.ssa dell’ambulanza viene invitata da me a misurare febbre e saturazione a mio marito, (io a casa lo facevo spesso per monitorarlo) ma lei malvolentieri ha seguito il mio invito in quanto era pressata da altri tipi bisogni, come quello di fare pipì. Chiamava la sua centrale operativa e comunicava che avrebbe lasciato il malato avanti all’ingresso dell’ospedale perché non poteva più trattenersi. La centrale naturalmente diceva che non poteva abbandonare il malato ma lei andava via lo stesso. Nel frattempo chiamo i carabinieri i quali avvertiti dell’accaduto mi rispondono che non possono venire perché non sono immuni al covid”.

Poi l’accusa alla sanità campana alla fine della testimonianza: “Non vi sembra uno schifo tutto questo? Una situazione surreale kafkiana. Mio marito può darsi sarebbe morto ugualmente ma la malasanità, la disorganizzazione di tutto un sistema che è allo sbando ha contribuito notevolmente alla sua fine e di altri (il 1 novembre sono deceduti tre pazienti covid tutti ricoverati all’ospedale di Maddaloni). Si aspettino da me denunce penali le persone che dovevano garantirmi un aiuto sanitario e che invece per la loro incompetenza e disumanità mi hanno portato ad un triste epilogo.. Questo succede perché molte volte chi occupa posti di un certo rilievo, li occupa non per meritocrazia ma mi vien da pensare solo per clientelismo o altro schifo, come succede spesso nel Paese Italia. Medici e operatori sanitari, non tutti certo ,vergognatevi, giocate con la salute delle persone e con la vita di noi tutti esseri umani. Vi auguro di non finire intubati e poi perdere la vita come è successo a mio marito. Ma non vi succederà, nemmeno Dio vuole accanto a se tanto schifo. E’ questo è quanto. Grazie a mio cognato Nicola Caterino per avermi dato l’input per scrivere questa mia testimonianza e se potete condividetela…Grazie”.