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Napoli – E’ partito da qualche minuto il tavolo di confronto tra il premier Giuseppe Conte, le segreterie sindacali Nazionali e i delegati della RSU dello stabilimento Whirlpool di Napoli.
Al tavolo, in videoconferenza con Palazzo Chigi, il futuro di quasi 400 famiglie della periferia orientale di Napoli che si sommano ai circa 600 lavoratori degli indotti regionali.

Dopo una battaglia lunga ben 18 mesi gli operai napoletani sono riusciti a portare la vertenza fino alla presidenza del Consiglio dei ministri. Ora serve però un pugno deciso da parte del Premier per scongiurare il peggio: la chiusura del sito industriale partenopeo, l’unico della multinazionale statunitense nel Mezzogiorno.

Gli operai tra amarezza e speranza, ancora viva, si aggirano così tra meandri della fabbrica di via Argine che per molti negli anni è diventata una vera e propria casa. Si richiudono gli armadietti e riaffiorano i ricordi di una vita vissuta all’interno del sito. Dove i colleghi col tempo sono diventati una vera e propria famiglia. Una sinergia che hanno ben palesato in questi oltre 500 giorni di lotta.

Dove non hanno mai abbassato la voce contro l’ennesima ingiustizia fatta alla città di Napoli. Portando la loro battaglia in giro per il Paese e stando sempre vicini alle peripezie e alle lotte degli “ultimi”. Loro, gli operai della Whirlpool di Napoli, che si autodefiniscono “l’Italia che resite” oggi chiedono a Conte di resistere contro una scellerata multinazionale che conferma una chiusura, ancora ingiustificata, nel pieno di una pandemia.

Noi siamo qui nei reparti ad attendere buone notizie dal governo – scrive l’operaio Marco Rega dopo aver svuotato il suo armadietto – continueremo la nostra battaglia anche se oggi salutiamo la nostra fabbrica che è la nostra seconda casa, siamo una grande famiglia, non ci toglierete la nostra dignità; oggi Whirlpool chiude Napoli, ma non finisce qui, da lunedì continueremo a lottare finché non si riapre”.