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Un omicidio in stile Gomorra, di quelli che sembrano fiction e invece sono cruda e impensabile realtà. Un uomo che doveva essere ammazzato per la smania di potere di un babyboss che sarebbe poi diventato un killer spietato. Ecco cosa si nasconde dietro all’omicidio di Antonino D’Andò, il cui corpo non è stato mai ritrovato. «Mi prese in disparte durante un matrimonio e mi disse di aver sotterrato Tonino. Poi mi disse pure di avergli spappolato la testa con un badile urlandogli contro che non avrebbe dovuto rubare i soldi della famiglia, facendomi intendere che era quello il motivo per il quale era stato ucciso».
Sono queste le parole che Giovanni Illiano, ex killer della camorra napoletana e in particolare del gruppo Amato-Pagano di Secondigliano, ha riferito ai pm in un verbale di oltre due anni fa ma che è stato affiancato ad altri che hanno portato questa mattina all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Egle Pilla su richiesta della Dda di Napoli. In carcere sono finiti il mandate del delitto di Antonino D’Andò, il cui cadavere non è stato mai trovato. Si tratta di Mariano Riccio (foto), genero di Cesare Pagano, che per anni è stato al vertice della cosca di Scampia e Secondigliano, area a nord di Napoli. Dentro anche Emanuele Baiano, Giosuè Buongiorno, due cugini omonimi. Mario Ferraiulo, che fece la confidenza a Illiano, Giuseppe Parisi e Ciro Scognamiglio.