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NAPOLI – Sotto la mascherina, sorride. Ha il piglio di chi è sicuro di star muovendo bene i primi passi da sindaco Gaetano Manfredi appena varca la soglia del Museo Diocesano, dove porta il suo saluto in occasione dell’inaugurazione della mostra su Aniello Falcone, il pittore del 600 napoletano famoso per le sue scene di battaglia.

Un’occasione culturale. Quindi è qui per distrarsi? “No, non mi distraggo”. La domanda riprende la polemica nata dalle sue parole di venerdì, quando ha annunciato che manteneva per sé la delega all’assessorato alla cultura.

Aveva pensato già prima che iniziassero le trattative per la giunta di mantenere per sé la delega? “Di solito penso”.

Ecco, se Falcone dovesse dipingerlo oggi, Manfredi sarebbe il vincitore del campo di battaglia.

Ma come e perché sta facendo molto discutere la mancata assegnazione della delega alla cultura?

Il fuoco di fila l’ha iniziato su Facebook il giornalista “arcinapoletano” Pietro Treccagnoli, nella scorsa campagna elettorale vicino ad Antonio Bassolino. Per Treccagnoli, citando Nanni Moretti, “le parole sono importanti”. E non gli sono andate giù quelle utilizzate (sebbene con tono scherzoso) dal neo sindaco nel corso della presentazione alla città della giunta: “Mi sarebbe piaciuto fare l’assessore alla cultura, per questo ho mantenuto la delega a questo settore. Così posso distrarmi, no?”.

“Potrebbe anche non esserci nulla di male se portasse a risultati efficaci – ha commentato Treccagnoli – Potrebbe non esserci nulla di male se le parole di Manfredi non nascondessero un retropensiero, insidiosamente banale: la cultura è una distrazione, c’è altro di ben più importante a cui dedicarsi. Detto dall’ex rettore della più grande Università del Mezzogiorno suona come un’affermazione distruttiva”.

“Forse scherzava, ma nasce il sospetto che questa battuta copra un pregiudizio serio, il tic di coloro che hanno una formazione (diciamo pure una cultura) tecnica, ingegneristica. Le cose serie si fanno altrove, con la cultura ci si spassa. Eppure la cultura è la precondizione fondamentale per fare politica e amministrare una città”.

Sabato è stata la volta di Vittorio Del Tufo su Il Mattino tornare sul tema con, più o meno, le stesse argomentazioni: “Non sappiamo se, nei giorni frenetici che hanno preceduto la composizione della squadra, Manfredi si sia guardato intorno (dentro e fuori i partiti) senza scorgere un solo profilo adatto a ricoprire questo ruolo così importante e strategico. O se, al contrario, Manfredi avesse sin dal principio deciso di non assegnare la delega, giocando d’anticipo sul totonomi e magari facendosene beffe. Riteniamo in ogni caso che sia stato un errore. La cultura non è un orpello, ma una pietra fondante del modello di città da costruire”.

Per Del Tufo, tanto più che il sindaco ha deciso di mantenere per sé altre deleghe importanti come quella al Pnrr e al porto, avrebbe dovuto affidare a una persona di fiducia il settore strategico. “Non averlo fatto è un errore, lo stesso che si perpetua da tempo ai piani alti di Palazzo Santa Lucia, dove l’assessorato alla cultura è un oggetto sconosciuto dal lontano 2015”.

Quest’ultima osservazione ha armato la penna del direttore del Corriere del Mezzogiorno, Enzo D’Errico, per il suo editoriale domenicale: “Appare evidente che Manfredi abbia voluto mettere a riparo dagli appetiti della sua coalizione quello che ritiene un ruolo strategico, soprattutto nella fase d’avvio (…) Oggi, sul governo della cultura, si gioca una partita fondamentale: la costruzione del consenso (…) Cos’altro resta al potere se non la rappresentazione scenica di sé stesso?”

Fatto sta che D’Errico si fida più di Manfredi che di un altro nome: “Serve un assessore? Sinceramente non lo so. Potrebbe. Ma in una giunta nata all’insegna della prudenza e della tenacia, forse fa bene Gaetano Manfredi a percorrere il primo tratto di cammino mettendo in valigia anche questa delega. Poi si vedrà”.

Last but not least, questa mattina sul Corriere della Sera anche Marco Demarco è tornato sul tema distinguendo tra modello milanese e modello napoletano: “Cosa c’è di più paradossale di una capitale della cultura senza assessore al ramo? Succede a Napoli. Ma il contesto è generale. Più che gli assessorati ai fondi europei, sono infatti oggi quelli alla cultura ad attrarre l’attenzione del potere locale”.

Demarco ha fatto notare che a Milano, il sindaco Sala ha richiamato da Firenze il super esperto Tommaso Sacchi. E, a sua volta, “Nardella ha parato il colpo tenendo per sé la delega, come Lepore a Bologna”. 

Poi ha ripreso anche i tweet critici di Valeria Parrella e Maurizio De Giovanni e ha concluso: “E’ dagli anni Novanta, dalla primavera dei sindaci che non si parla tanto di cultura locale. Ragioni elettorali? Certo”.

Ecco: davanti a tutto questo fuoco di fila, Manfredi sorride sotto la mascherina.