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Napoli – C’è una svolta nelle indagini per la morte di Luigi Galletta, il meccanico innocente trucidato dalla camorra. Oltre ad Antonio Napoletano “’o nannone” il 31 luglio del 2015, con lui c’era un’altra persona, nota alle forze dell’ordine e già con diversi precedenti alle spalle. Si tratta di Ciro Contini, il boss tatuato, ribattezzato il “ribelle” dell’Arenaccia, lì dove abita e dove ha dettato legge per diversi mesi fino ad essere confinato dal clan che in quella zona domina gli affari criminali. Un omicidio terribile che prende le mosse innanzitutto da serrate indagini della Dda di Napoli e dalla Squadra Mobile, sezione omicidi, della Questura di Napoli. Luigi Galletta non c’entrava nulla con la camorra. Lui, 21 anni appena, voleva solo fare il meccanico nella piccola autofficina di via Carbonara. Non gli interessavano le pistole e neppure i traffici di droga. Ma il suo cammino, in quel maledetto pomeriggio del 31 luglio 2015, ha finito per incrociarsi con la terrificante faida di Forcella. La sua unica “colpa”, non essere stato in grado di fornire ai killer della paranza dei bambini l’informazione di cui in quelle settimane feroci erano a caccia: dove si nascondeva Luigi Criscuolo, suo cugino ma soprattutto presunto sicario in forza al rivale clan Buonerba? Lui non lo sapeva mica. Per questa ragione, nel giro di pochi giorni, è stato prima pestato a sangue e poi freddato a pistolettate. Da ieri sera, per quell’atroce delitto, è tornato dietro le sbarre il 20enne Antonio Napoletano, alias “’o Nannone”, ex braccio destro del defunto babyboss Emanuele Sibillo.