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La Rai aveva fatto ricorso contro la sanzione dell’Agcom, per un servizio scandalo del Tgr Piemonte, prima di Juventus-Napoli dell’ottobre 2012. Nell’edizione delle 19.30 finirono offese ai napoletani, tra le più becere. Ma prima il Tar, poi il Consiglio di Stato, hanno dato torto a Viale Mazzini. In sintesi, la storia è questa. La multa di 50.000 euro fu decisa per i fatti del 20 ottobre 2012, violanti il Codice di autoregolamentazione dell’informazione sportiva. “Un servizio confezionato da un suo giornalista relativo al “prepartita” della competizione Juventus – Napoli – riassume la sentenza di Palazzo Spada – che stava per svolgersi nella stessa serata”. Nel video “venivano filmate una serie di dichiarazioni e di cori di tifosi della Juventus, di tenore offensivo nei confronti della sensibilità e della dignità dei tifosi napoletani e, più in generale, dei cittadini di Napoli”. Le solite invocazioni al Vesuvio, in pratica. Inoltre il giornalista “accompagnava tali dichiarazioni dei tifosi juventini con proprie osservazioni che, sebbene forse nelle intenzioni sarcastiche (nei confronti dei tifosi juventini), erano ritenute tali da (e finivano obiettivamente per) rafforzare ed aggravare la portata offensiva”. L’allusione, in questo caso, fu alla puzza. Grande fu lo sdegno suscitato. La vicenda approdò anche in Parlamento. Alla sanzione dell’Agcom (50.000 euro), la Rai rispose però con un ricorso. Il Tar Lazio, tuttavia, ha respinto il reclamo, due anni fa. Una decisione oggi confermata dal Consiglio di Stato (sesta sezione).

Tutti ritenuti infondati i motivi d’appello. Come, per dirne uno, “il concatenarsi di fattori esterni, imprevedibili e indipendenti dalla condotta e dalla volontà di Rai”. A detta del ricorrente, il giornalista, “anche a causa del traffico stradale dovuto alla partita, ha consegnato il servizio già montato pochi minuti prima che venisse tramesso”. Questo avrebbe comportato “l’assoluta impossibilità, per chiunque, di vagliarne il contenuto prima della messa in onda”. Ma i giudici ricordano “l’obbligo di sottoporre a preventivo controllo le trasmissioni registrate”. E l’eventuale sussistenza di “una oggettiva impossibilità” di effettuarlo “non esonera di per sé” l’emittente dalla responsabilità di violazioni. Inoltre “ampiamente prevedibile” viene considerata “l’eventualità per cui il servizio sarebbe potuto giungere con ritardo in redazione”, data “la stretta vicinanza temporale tra le riprese svolte e l’inizio dell’edizione del Tgr”, e la “prevedibile presenza del traffico”. Si censura così un’omissione della Rai, circa la mancata adozione di “opportune misure organizzative”. Ad esempio, la presenza di personale preposto durante il montaggio del servizio.

Alla tv di Stato, peraltro, si addebita pure una dissociazione ritardata. Secondo il codice, il conduttore avrebbe dovuto farlo “con immediatezza”. E per di più, il messaggio di scuse arrivò solo due giorni dopo. Una scelta giudicata non “giustificata”. Anche perché, in 48 ore, era già scoppiato un putiferio, con la scena monopolizzata da “ampio dibattito e proteste”. Né i giudici sono persuasi dalla giustificazione sul conduttore, per la Rai impedito ad esprimere dissociazione, perché collegato “per acquisire gli aggiornamenti in diretta” su Juve-Napoli. Anche qui si punta il dito sull’assenza di idonee misure organizzative. Cioè il controllo, nel corso della messa in onda, da parte del conduttore “o, quantomeno, da parte di altri operatori in grado di riferire prontamente”. Risultato: per la Rai multa confermata, e altri 4.000 euro da scucire, per le spese di lite.