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Dopo l’omicidio, “era come se cercassi di nascondermi e di nascondere tutto ciò che si era manifestato quella sera. Quindi, avvolto completamente da uno strato di insensata follia, di illogica, di pazzia totale, tentai di far sparire letteralmente sparire il corpo di Giulia”. Così Alessandro Impagnatiello, rispondendo in aula alle domande del pm ha ricostruito i minuti successivi al delitto di Giulia Tramontano, uccisa con 37 coltellate nella loro abitazione a Senago nel Milanese. “Tentai di dare fuoco al corpo di Giulia – ha spiegato -, utilizzando prodotti infiammabili per fare le pulizie”. 

Nella mia testa si era creata una spaccatura tale che non capivo più nulla. Giravo per casa, sono uscito, vagavo attorno all’abitazione, fumavo cannabinoide, cercavo di mangiare ma non sono riuscito, mi sono fatto una doccia”. Impagnatiello, interrogato in aula, ha descritto come ha trascorso le due ore circa in cui, il pomeriggio del 27 maggio di un anno fa, ha atteso il rientro a casa di Giulia. Quel giorno la giovane si era incontrata con la ragazza con cui Impagnatiello aveva una relazione parallela. Le due donne gli avevano chiesto di incontrarsi sul posto di lavoro, ma lui non volle assolutamente. “Chiesi di vederci il giorno dopo fuori dal lavoro, perché quello era un ambiente dove avevo responsabilità con i dipendenti, ci tenevo alla mia immagine. Sarebbe stata una umiliazione sul posto di lavoro che sarebbe scaturita dalla mia vita privata, e avrebbe fatto crollare la mia immagine. Era una cosa che non riuscivo a sopportare”. 

Il cellulare di Giulia l’ho gettato assieme ai documenti e alle carte di credito nel tombino” nel parcheggio del McDonald’s, “dove io lascio il motorino per andare al lavoro” in metro. Lo ha affermato oggi in aula Alessandro Impagnatiello, durante il suo interrogatorio in cui ha raccontato come ha ucciso un anno fa Giulia Tramontano, la sua fidanzata al settimo mese di gravidanza.
L’uomo ha riferito di aver cercato di bruciare per tre volte il corpo di Giula e di aver pulito l’appartamento usando “sgrassatori ma non candeggina” per non lasciare tracce del suo tentativo di cancellare i segni dell’omicidio.
Impagnatiello ora sta ricostruendo gli spostamenti del cadavere, come lui ha detto, “senza alcuna logica. Un susseguirsi di cantina, box e box e cantina”.
L’uomo ha anche affermato che il delitto è avvenuto tra le 19.30 e le 20 e che “successivamente, saranno state le 21- 21.30 in mezzo a tutte queste azioni veramente ipnotiche, confusionali, c’era una parte di me, una minuscola parte di me, che era viva e cercava aiuto”. Era come se quella parte “cercasse di essere vista da qualcuno – ha aggiunto – perché spostare il suo corpo per quattro rampe di scale in una palazzina dove ci sono famiglie, era come se cercassi di fare in modo che qualcuno mi vedesse, mi scoprisse, mi fermasse, chiamasse la polizia e interrompesse tutto”.

Sono andato a pranzo da mia mamma con l’auto, a bordo c’era il corpo di Giulia“. Lo ha detto Alessandro Impagnatiello, raccontando in aula l’episodio del 30 maggio del 2023, tre giorni dopo l’omicidio di Giulia, prima che lasciasse il cadavere dietro ad alcuni box a poche centinaia di metri dalla loro abitazione a Senago, nel Milanese.
Raccontato i dettagli dell’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, l’ex barman ha risposto “assolutamente no” quando gli è stato chiesto dal pm Alessia Menegazzo se qualcuno lo abbia aiutato ad uccidere la 29enne o a nascondere il cadavere.
Impagnatiello ha però ammesso di aver tentato di sviare le indagini: “I messaggi che mandavo a Giulia erano lettere di addio, era quella parte di me che non credeva a ciò che era successo. Una parte di me che contrastava con quella che aveva agito senza controllo quella sera”. Raccontando dei due tentativi di dare fuoco al corpo della fidanzata, Impagnatiello ha detto che voleva “renderla cenere”.

Impagnatiello ha raccontato di aver cercato “di mangiare qualcosa, cercai di distrarmi con un panino, con qualcosa di pronto trovato in frigo, ma non avevo fame, solo per tenermi occupato. Poi lasciai spazio a Giulia in cucina. Nel momento in cui uscii, entrò lei in cucina”. Erano circa le 19.45. “Giulia – ha ricostruito la dinamica – stava preparando qualcosa per sè quando sentii un piccolo lamento, si era fatta male a un dito. Di fronte al divano, c’è un mobile con un cassetto in basso con dentro i medicinali di cui faceva uso Giulia ed anche cerotti. Le chiesi cosa fosse successo, ma non mi rispose. Lo chiesi di nuovo, ero a pochi metri da lei, e continuava a non rispondermi. Come se non esistessi. Ero totalmente invisibile ai suoi occhi. Mi ignorava”. “Mentre lei era abbassata” per cercare nel sacchetto dei farmaci “vado verso la cucina, – ha aggiunto – vedo che c’era questo coltello con cui stava tagliando delle verdure, mi sono piazzato immobile alle sue spalle, in attesa che si rialzasse per tornare in cucina. La colpii, all’altezza del collo. Ma non so quanti colpi, è una informazione che non ho mai avuto. L’ho saputo dalla tv”. E rispondendo a una domanda precisa ha detto: “Si è voltata verso di me”. I due si sono guardati in faccia e poi i fendenti. 

Al pm Alessia Menegazzo e al presidente della Corte d’Assise di Milano Antonella Bertoja, che hanno fatto notare come la sua versione contrastasse con l’esito degli accertamenti scientifici e con l’istruttoria dibattimentale, in base ai quali è emerso che il veleno sarebbe stato somministrato da parecchio tempo prima, Impagnatiello ha ribadito: “Non è stata una cosa continuativa. Ho somministrato il veleno a maggio, in due occasioni, a distanza breve. Mentre dormiva con la bocca semichiusa per due volte le ho appoggiato un chicco” sulla lingua. “Non volevo farle male – ha aggiunto – ma procurarle un aborto“.

E’ una domanda che mi sono fatto miliardi di volte e che non avrà mai una riposta”. Lo ha detto Alessandro Impagnatiello, il barman che un anno fa ha accoltellato a morte Giulia Tamontano, la sua fidanzata al settimo mese di gravidanza, rispondendo alla domanda sul perché l’avesse uccisa. L’uomo, che ha inferto alla giovane donna 37 coltellate, durante l’interrogatorio ha affermato che “non c’è e non ci sarà mai un motivo per giustificare questa violenza, aggressività”. Inoltre ha negato di “aver accumulato rabbia o ostilità nei confronti di Giulia: era la persona che doveva essere difesa e protetta da me, non ho mai avuto odio nei suoi confronti”, nei confronti di quella che ha definito la “donna della mia vita” . Invece le sue giustificazioni in merito alle ricerche sul web con le parole chiave come “veleni mortali fatti in casa”, “cloroformio”, “ammoniaca” e “ceramica vasca bruciata” non quadrano con gli esiti degli accertamenti scientifici e i risultati delle analisi sul contenuto dei dispostivi che gli sono stati sequestrati. L’imputato ha più volte ripetuto che “voleva colpire il bambino e non Giulia”. 

Con l’altra donna “ho continuato ogni singolo giorno a dire menzogne, a mostrare amore e attaccamento nei suoi confronti fino a quando sarebbe partita” perché con lei “era una relazione prettamente carnale”. Con queste parole Alessandro Impagnatiello, sentito oggi in aula nel processo in cui è imputato per l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, ha ribaltato l’idea del rapporto con la collega che era emersa da un video finito agli atti del procedimento. In quel filmato, girato soltanto una settimana prima del delitto, Impagnatiello e la donna con cui aveva una relazione parallela si erano immortalati mentre scherzavano tra loro e lui diceva: “a settembre mi auguro di essere fidanzato ufficialmente con lei”. Come ha spiegato anche l’ex barman, infatti, “di lì a pochissimi giorni” l’altra donna “si sarebbe trasferita e non l’avrei più vista. Se ne sarebbe andata, si sarebbe tolta da sola da questa mia confusione. Sarei rimasto con Giulia, forte del fatto che lei non sarebbe stata più presente. Per quanto riguarda Giulia – ha aggiunto -, io e lei non ci saremmo lasciati. Lei lo aveva detto, ma era un momento di rabbia, il giorno dopo si sarebbe tutto affievolito. Il 27 mattina stavamo parlando di passeggini che lei sarebbe dovuta andare a vedere”