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Napoli – Rivali in amore ma unite dai soldi delle estorsioni in nome e per conto del loro boss. Moglie e amante del capo clan Maurizio Garofalo erano pienamente coinvolte nelle attività di racket delle cosche Di Gioia-Papale e Falanga, raggiunta all’alba di martedì mattina da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in estorsione con l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose.

Franca Magliuolo, 50 anni, è la moglie del boss Garofalo, 47, mentre Raimonda Sorrentino, 53 anni, aveva intrapreso con il capo clan una relazione extraconiugale dalla quale è poi nato un figlio che ha rafforzato la posizione della donna all’interno dell’organizzazione, legittimandone di fatto la richiesta dei soldi provenienti dal pizzo. I tre sono stati arrestati insieme ad altre quattro persone (Ciro Vaccaro, 54 anni, Luigi Papale, 57 anni, Andrea Oriunto, 33 anni, Domenico Gaudino, 40 anni), tutte accusate di avere imposto il “pizzo” alle ditte edili che, nel comune di Torre del Greco, erano impegnate nella raccolta dei rifiuti solidi urbani e nei lavori di recupero dell’edificio comunale, ex pescheria borbonica, di Largo Costantinopoli, da adibire a Comando di Polizia Municipale.

Una indagine che è partita nel 2012 e che nel corso degli anni è stata impreziosita dal contributo dei collaboratori di giustizia. Dall’inchiesta è emersa la forza intimidatoria del clan, capace di sapere in anticipo quali fossero gli appalti deliberati e a quali ditte venivano assegnati. Decisiva la figura di Ciro Vaccaro, 54 anni, ritenuto dagli investigatori il “collante” tra le imprese e la malavita. Accreditato dal clan, riusciva ad avvicinare imprenditori disposti a pagare una quota estorsiva pur di aggiudicarsi l’appalto. Nel mirino dei Di Gioia e Papale anche la società “Ego. Eco. srl” di Cassino, vincitrice della gara d’appalto sull’igiene urbana indetta nel comune di Torre del Greco nel marzo 2012. Una ditta, così come emerso dalle indagini, risultata contigua a Vaccaro. Fu grazie a una sua intermediazione che la società laziale assunse un presunto affiliato ai Falanga.

Nei confronti di Vaccaro è stato anche eseguito un sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia, coordinata dal procurate Giovanni Melillo e dall’aggiunto Giuseppe Borrelli – relativamente a beni mobili, immobili e quote di società per un valore complessivo di tre milioni.