- Pubblicità -
Tempo di lettura: 2 minuti

Ogni volta che ci rechiamo in carcere per incontrarla, la prima domanda che ci rivolge è ‘hanno capito come ho ucciso mio figlio?‘”. A parlare, dopo la prima udienza del processo che vede imputata Aldalgisa, la 41enne accusata di avere ucciso il figlio di due anni e mezzo su una spiaggia di Torre del Greco, è il suo legale, l’avvocato Salvatore Del Giudice.
Oggi ai giudici della prima sezione della Corte di Assise di Napoli sono stati illustrati, tra l’altro, una serie di messaggi WhatsApp che la donna ha inviato al marito qualche settimana prima della tragedia, messaggi ritenuti rivelatori dell’intento omicidiario della donna: “C’è stata una decontestualizzazione, – è il parere del professionista – va messo l’accento sugli emoticon che compaiono in questi messaggi, un aspetto che è stato completamente tralasciato. Quando scrive “il bambino è brutto” le emoticon (sorridenti, ndr) fanno comprendere chiaramente che si non tratta parole pronunciate in un contesto violento. Dalle risposte del marito si comprende che non ha percepito un pericolo in quelle frasi. E’ una conversazione giocosa tra moglie e marito“.
Altro punto illustrato alla Corte sono le ricerche eseguite dalla donna sul web nel corso della notte insonne che ha preceduto la tragedia. Ricerche, è stato spiegato dal testimone, un ufficiale dei carabinieri, sulle modalità per compiere un omicidio: “Si tratta – ha detto ancora il legale – di ricerche ossessive che rientrano, a nostro avviso, nel delirio di cui soffre l’imputata. Molte pagine non sono state neppure visualizzate. Quelle ricerche non erano finalizzate a commettere il reato ma sono solo il frutto del delirio in cui si trovava la signora, della dissociazione di cui soffre: le relazioni dei periti del carcere dimostrano che è affetta da un gravissimo disturbo psicotico di tipo patologico che non è stato curato, altrimenti non saremmo oggi in un tribunale. Ricordiamo che la madre dell’imputata è affetta da schizofrenia e che l’imputata ha subìto da piccola importanti traumi psicologici, fattori quasi sempre alla base di questi tipi di patologie“.
Per il secondo legale della donna, l’avvocato Michele Coppola, “Questa tragedia si poteva e doveva evitare con le cure”. Inoltre, aggiunge, “ci sono secondo noi altri elementi importanti da valutare, il primo è il luogo, cioé la spiaggia, dove sarebbe avvenuto il delitto; non sono stati eseguiti accertamenti per rinvenire qualsiasi altro elemento utile alle indagini“.