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Napoli – Sconforto ed apprensione si mescolano in queste ore tra gli abitanti di Napoli Est dopo che questa notte un forte boato ha svegliato di soprassalto l’intera periferia napoletana.

Il motivo è l’ampia voragine, aperta tra le 5 e le 6 di questa mattina, nel parcheggio dell’ospedale del Mare nel quartiere Ponticelli. Una cattedrale sanitaria costruita senza non pochi problemi in quello che oggi è il “deserto” di Napoli Est.

Un fortissimo boato ha anticipato il disastro, tracciando la storia di un dissesto idrogeologico – in parte annunciato – che solo per situazioni fortuite non si è trasformato in una vera e propria tragedia. Ma l’amarezza più grande è da rintracciare negli avvertimenti lanciati nel tempo da esperti del settore e geologici.

Il polo ospedaliero di Ponticelli, una mega struttura di oltre 145mila metri quadrati, è stato costruito alle pendici di un vulcano attivo tra i più pericolosi al mondo: come è oggi il Vesuvio.

Basti pensare, infatti, ai problemi legati ai lavori di costruzione, durati più di 10 anni, tra inchieste, stop ai cantieri e polemiche di ogni tipo, sull’ombra di un territorio storicamente vittima della malavita organizzata che qui “lavora” in tutti gli ambienti, sia legali che illeciti.

Solo nel 2013, tre anni prima dell’inaugurazione del nosocomio di Ponticelli, la Protezione Civile nazionale aveva evidenziato come quell’area fosse ad alto rischio, sismico e non solo, per la vicinanza col Vesuvio, inserendo anche il quartiere Ponticelli tra i territori contraddistinti con la Zona Rossa, dove il pericolo dell’eruzione causerebbe ingenti danni dispetto ad altre aree del territorio Metropolitano.

Ma nonostante l’avvertimento i lavori erano già in via conclusiva e l’ospedale venne ugualmente inaugurato a fine 2016, sullo sfondo di polemiche di ogni tipo. Dagli aspetti tecnici a quelli dei politici che nel 20ennale del progetto si erano fatti garanti e promotori dell’ambizioso disegno che rilanciava la sanità campana.

Ma gli avvertimenti esistevano. Solo un anno fa, nel gennaio 2020, a lanciare l’allarme era stato Gaetano Sammartino, presidente della sezione Campania della Società Italiana Geologia Ambientale, che nel corso del convegno dedicato a voragini e cavità sotterranee organizzato da Ispra, Sigea e Società geografica Italiana, aveva spiegato come le città di Napoli e Roma erano, già lo scorso anno, i luoghi più a rischio per le voragini.

“Anche Roma non è esente dai stessi rischi idrogeologici di Napoli. Ad esempio, nella Capitale, nell’ultimo decennio abbiamo registrato più di 900 voragini sulle 967 totali del Lazio. Il problema riguarda quasi tutta l’Italia. Napoli è però seconda 196 voragini ed una media dunque di quasi 20 all’anno”. Ha spiegato Antonello Fiore, geologo e Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA), commentando l’avvenimento di questa mattina all’ospedale del Mare.

In Campania nell’ultimo decennio abbiamo registrato circa 240 voragini – ha affermato invece Sammartino – e circa 196, dunque praticamente quasi tutte a Napoli. Il sottosuolo di Napoli non è un sottosuolo facile perché caratterizzato da innumerevoli condotte, livelli di vuoti ed ex cave di tufo”.