Tempo di lettura: 3 minuti“C’è una frase che, negli ultimi mesi, a Guardia risuona sempre più spesso: così non può durare. La senti mormorare nei bar, nei negozi, per strada. È un malessere trasversale, non legato a questa o quella parte politica, ma a una sensazione più profonda: l’idea che il nostro paese si sia fermato. Bloccato. Immobilizzato da un’amministrazione che sembra più preoccupata di restare in piedi che di far camminare il paese”. Così in una nota Raffaele Pengue dell’associazione ‘Rinascita Guardiese’.
“Non è questione di ideologia, ma di metodo. Di spirito pubblico. Di capacità di guida. A Guardia servirebbero decisioni, visione, progettualità. E invece si assiste a un teatrino fatto solo di sopravvivenza: incarichi, deleghe, assetti. Tutto sembra finalizzato a un unico obiettivo – restare al proprio posto. Durare.
Nel frattempo, i problemi si accumulano. Non si affrontano, si rimandano. La gestione amministrativa è diventata una routine autoreferenziale, dove anche le opposizioni non sembrano interessate a cambiare. Nessuno ha il coraggio – o la possibilità – di ribaltare lo stato delle cose, perché ogni tentativo rischia solo di rafforzarlo. È un paradosso: chi contesta finisce per consolidare ciò che contesta.
Così, qualcuno invoca il “jolly”. Il giovane brillante. L’outsider risolutore. Ma anche questa è un’illusione comoda. Il jolly non può sostituirsi a una volontà collettiva che oggi appare sfibrata, disillusa. Attenzione: non si può scambiare la rabbia dei bar con un’alternativa politica. La pancia non basta. Serve testa. E serve forza.
La realtà è questa: siamo in un sistema dove tutti dipendono da tutti. E dove nessuno ha il potere di cambiare davvero. Ciascuno può dire no, ma nessuno può dire sì. È il regno del veto, non della proposta. E intanto il paese si svuota. Di idee, di speranze, di energie.
Così non può durare. Lo dicono in tanti. Ma il paradosso è che proprio questo sistema – fermo, inerte, vecchio – è strutturato per durare. Perché il tempo fermo conviene a chi amministra. A tutti tranne che ai cittadini.
Il punto, allora, non è soltanto politico. È culturale. È morale. Riguarda tutti noi. Perché se chi governa si accontenta di durare, è anche perché la comunità si è assuefatta all’immobilismo. Abbiamo perso l’abitudine a pretendere, a pretendere davvero.
E allora la domanda è una sola: chi avrà il coraggio tra qualche mese di fermare tutto e ripartire? Chi avrà la forza non solo di dire che così non si può andare avanti, ma anche di indicare una strada, assumersi un rischio, offrire un’alternativa?
Guardia ha bisogno di questo. Non di slogan. Non di “nuove facce” buone solo per i santini elettorali. Ma di coraggio politico, lucidità amministrativa, responsabilità condivisa. Finché questo non accadrà, continueremo a dirci – ogni giorno, con sempre meno voce – che così non può durare. Ma loro, intanto, dureranno ancora”.