- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Il 17 febbraio del 1600, in Campo de’ Fiori a Roma, con l’Urbe in festa per l’anno giubilare, veniva bruciato sul rogo Giordano Bruno

Il frate nolano pagava l’accusa di eresia e la condanna a morte venne eseguita dopo otto anni di carcerazione.

Bruno è stato a lungo erroneamente ritenuto come un precursore dei tempi moderni. In lui si è visto l’anticipatore di quell’atteggiamento scientifico, fondato sull’osservazione e l’esperimento, che ha aperto la strada a quello che Weber definì il “disincantamento del mondo”.

In realtà Bruno, e non potrebbe essere altrimenti, è un perfetto figlio del suo tempo. Un tempo che sì sta per aprirsi alla ‘rivoluzione scientifica’, ma che è ancora fortemente attratto da certe forme di pensiero magico. Il mondo di Bruno, in qualche modo, è ancora ‘incantato’. 

In relazione alla magia, Bruno condensa le sue idee nel De magia e nel De vinculis in genere, opere nelle quali esprime una concezione del mondo, della natura e dei rapporti tra le cose, profondamente lontana dagli schemi concettuali di una visione scientifica. Insomma, il mondo disegnato da Bruno non è il “nostro” mondo e oggi faremmo estremamente fatica a ritenere anche solo plausibili alcune delle idee espresse dal nolano. 

Eppure Bruno ci appassiona ancora oggi; chiunque pensi al frate campano pensa a un martire della libertà di pensiero, a un uomo che persegue tenacemente i propri convincimenti anche a costo della vita. Del resto rimangono celebri le parole che il filosofo rivolse al Tribunale centrale del Sant’Uffizio dopo la lettura della sentenza di morte: “Avete forse più timore voi nel pronunciare questa sentenza che io nel riceverla”.

Ancora oggi, a distanza di più di quattro secoli, quelle parole rappresentano il capovolgimento di ogni relazione di potere; di un potere che al cospetto della libera ricerca, che nello studio si libera dalle pretese di sapere fondate sull’autorità, si ritrova privo della sua aspirazione di dominio. Ed è proprio questo aspetto che ha consegnato Bruno all’immortalità. Al netto di ciò che egli sostiene in gran parte delle sue opere, è il suo atteggiamento nei confronti del potere costituito a essere ancora al giorno d’oggi una bussola e un invito.

L’invito a perseguire sempre la strada della propria autonomia, riconoscendo nell’uomo libero dalle catene dell’autorità l’unico giudice di sé stesso: “Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo”.