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Napoli – Con Decreto cautelare emesso ieri, il presidente del Tar Campania (Sezione Terza), Anna Pappalardo, ha accolto l’istanza presentata dalle Associazioni Lipu BirdLife Itala e WWF Italia, difese dall’avv. Maurizio Balletta e ha sospeso l’apertura della caccia, che la Regione aveva fissato al 18 settembre, per le specie Alzavola, Canapiglia, Codone, Folaga, Porciglione, Germano reale, Gallinella d’acqua, Marzaiola, Fischione, Mestolone, Beccaccino e Frullino e al 21 settembre per le specie Fagiano e Quaglia. Il Tar ha inoltre fissato l’udienza collegiale all’11 ottobre.

A darne notizia, con una nota, è il Wwf Italia. Il ricorso è stato presentato a seguito della pubblicazione, da parte della Regione, di una delibera che ha modificato il Calendario venatorio precedentemente pubblicato, “non al fine di aumentare le misure a tutela della biodiversità ma per anticipare la caccia ad alcune specie di uccelli, così cedendo alle richieste delle associazioni venatorie che dopo avere pubblicato comunicati e trasmesso lettere ai vari organi regionali, erano giunte addirittura ad impugnare al TAR il calendario venatorio, salvo poi ritirare il ricorso a seguito della modifica adottata dalla Regione”, prosegue la nota. “Esprimiamo la nostra soddisfazione – dichiarano le associazioni ricorrenti, WWF Italia e Lipu BirdLife Italia – per questo importante risultato e biasimiamo l’atteggiamento tenuto dalla Regione Campania che testimonia quanto la politica non sia in grado di resistere alle pressioni di certi ambienti, anche se queste si pongono in contrasto con i principi costituzionalmente protetti di tutela della biodiversità e dell’ambiente. Non possiamo che stigmatizzare il comportamento prepotente arrogante tenuto dalle associazioni venatorie che partendo dall’assunto secondo cui la fauna selvatica, che è patrimonio di tutti, sia un bene di esclusiva proprietà dei cacciatori, hanno dato vita a una campagna di pressione fortissima. Richiamiamo le istituzioni al ruolo che a loro compete che è quello di difendere e tutelare il patrimonio comune e non di utilizzarlo come merce di scambio elettorale – concludono le associazioni”.