- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

Mancano due anni esatti alle elezioni regionali della Campania, eppure il movimentismo a Palazzo Santa Lucia e dintorni è di quelli frenetici.

Tutto al momento sempre girare intorno al terzo mandato De Luca sì o De Luca no, ma anche agli equilibri interni del Partito Democratico, notoriamente in Campania dilaniato da conflitti interni.

Non a caso uno dei primi atti qualificanti della segreteria dem firmata Elly Schlein a poche settimane dalla sua elezione, è stato il commissariamento del Pd campano (dopo l’ennesimo caos tesseramento) che stavolta suona anche come un niet proprio nei confronti di De Luca e delle sue ambizioni.

Antonio Misiani per il Pd campano, ma anche un commissario per la provincia di Caserta, la senatrice Susanna Camusso. Si salvano solo il Pd di Napoli che da poco ha eletto segretario Giuseppe Annunziata, così come quello di Benevento con Francesco Zoino in città e Giovanni cacciano alla Provincia, mentre per Salerno resiste Enzo Luciano, e per Avellino l’avvocato Nello Pizza con tutte le difficoltà e le insidie – le solite- che stanno caratterizzando il suo percorso, in attesa di un nuovo Congresso provinciale.

Le decisioni assunte della Schlein per il riassetto dei dem in Campania appaiono, come detto, direttamente proporzionali anche alle ambizioni mai nascoste dal governatore De Luca di agguantare il terzo mandato, con buona pace della flotta di deputati e senatori dem, da Andrea Orlando a Peppe Provenzano a Sandro Ruotolo, sfavorevoli al De Luca ter al pari della segreteria nazionale.

Intanto proprio in queste ore Annunziata da Napoli ha invocato una decisione del livello nazionale sull’eventuale terzo mandato del governatore uscente, mentre il presidente Pd Francesco Dinacci predica una “riflessione politica serena e rigorosa, perché il tema non può essere risolto con forzature sul piano istituzionale”.

E se si sta cercando di tenere in piedi un fronte progressista con il Movimento 5 Stelle replicando l’esperienza Napoli, non si possono sottacere nemmeno le rivendicazioni dei grillini, che spingono per la candidatura di Roberto Fico come futuro governatore.

E a proposito di larghe intese vorranno dire la loro anche i partiti dell’area riformista, vedi Articolo 1 a Verdi.

Del resto la geografia dell’attuale Consiglio regionale vede il M5S in contrapposizione a De Luca, mentre alcuni consiglieri nel 2020 erano a sostegno del Governatore, strada facendo si sono collocati nel gruppo misto, come il caso dell’irpino Livio Petitto.

Resta, però, lo zoccolo duro dei fedelissimi dell’ex sindaco di Salerno, a partire dal suo vice Fulvio Bonavitacola, agli assessori Bruno Discepolo a Lucia Fortini e Nicola Caputo, oltre ad una consistente pattuglia di consiglieri che è ben consapevole che giocoforza serve la candidatura di De Luca per tentare di garantirsi di nuovo uno scanno in Consiglio regionale.

E in questo senso anche i venti di guerra fredda che pure si respirano in qualche corridoio di Palazzo Santa Lucia, in nome di un rimpasto in giunta aleggiato dopo le Politiche, sembrano non essere ancora, o mai, destinati ad esplodere.

Del resto l’esito delle urne del 25 settembre è stato definito da più parti come la sconfitta di De Luca stesso (rielezione del figlio Piero a parte) con uno dei peggiori risultati su scala regionale per il Pd: in Campania è rimasto sotto al 16% rispetto al 19% nazionale.
Mazzata sonora per il centro di potere nelle mani del governatore, a partire dalla sua Salerno dove aveva piazzato all’Uninominale il vice Bonavitacola, Anna Petrone al Senato, quindi una serie di fedelissimi in altri Collegi. Non è andata meglio a Caserta e Benevento, dove il capolista era Stefano Graziano, consulente di De Luca, ma nemmeno ad Avellino con la bocciatura dell’altro fedelissimo Maurizio Petracca.

Tanto non è bastato al Governatore per fare riflessioni diverse, ma tanto non sembra bastare nemmeno ai partiti di opposizione per lavorare ad una seria alternativa per evitare l’eventuale terza affermazione di De Luca.

Il centrodestra vuole emulare l’assalto in stile meloniano a Palazzo Santa Lucia