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Il governo Draghi si appresta a vedere la luce. Comunicata ieri la lista dei Ministri, un esempio virtuoso di applicazione del manuale Cencelli, al Premier incaricato manca solo la fiducia delle Camere. Un atto formale più che di sostanza, dato che tutte le formazioni politiche che definiscono l’arco costituzionale concederanno il loro sì, tranne Fratelli d’Italia che comunque si è già premurato di far sapere che “non farà mancare il suo appoggio sulle questioni fondamentali“. Bene, dunque. Tutti coinvolti nel nuovo sentire dell’unità nazionale. Però, nel giubilo collettivo che accompagna la transizione al “governo dei migliori“, in pochi hanno sottolineato un’assenza che pesa come un macigno. Nel governo del 30esimo Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana mancherà un Ministero dello Sport. Difficile pensare che si tratti di mera dimenticanza, del resto parliamo di un Ministero e non di un qualcosa che sfugge dalla lista della spesa. Si tratta piuttosto di una scelta ben precisa, che dà il senso e la misura del valore assegnato allo sport in questo Paese: poco più che nulla. Senza abbandonarsi alla retorica dello sport come educazione, basterebbe solo qualche numero per rendersi conto dell’importanza (anche e soprattutto economica) del movimento sportivo in Italia. Ma, semplicemente, lo sport non rientra tra le nostre priorità. Non serve gridare allo scandalo. Si tratta di una scelta politica. E tutte le scelte politiche, alla fine, devono dare conto. Certo è che la narrazione sulle “magnifiche sorti e progressive” del nuovo esecutivo ne esce già un po’ ridimensionata.