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Un’operazione antimafia della Guardia di finanza, denominata ‘Oleandro‘, è in corso in Sicilia, Campania, Toscana e Friuli Venezia Giulia. Oltre 120 finanzieri del comando provinciale di Catania stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del capoluogo etneo su richiesta della Dda nei confronti di 15 indagati. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, usura, traffico e spaccio di stupefacenti e riciclaggio di denaro. Gli indagati complessivamente sono 26. Il provvedimento cautelare è in corso di esecuzione nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine.

AGGIORNAMENTO – Il provvedimento cautelare, su delega della Procura Distrettuale etnea, è stato eseguito nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine da finanzieri del comando provinciale della Guardia di finanza del capoluogo etneo, con la collaborazione del Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata e il supporto di unità Cinofile e Antiterrorismo pronto impiego etnee, di militari delle compagnie di Acireale, Risposto, Paternò e del reparto operativo Aeronavale di Vibo Valentia Complessivamente sono 14 le persone destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere e una agli arresti domiciliari. Il provvedimento dispone anche il sequestro, finalizzato alla confisca, di nove attività commerciali a Catania e operanti nel settore dell’edilizia, di 81 tra fabbricati e terreni siti in provincia di Catania e Arezzo, di cinque autovetture e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro. L’indagine, coordinata dalla Dda di Catania e condotta da unità specializzate del Gigo del nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Catania, ha preso avvio da talune risultanze investigative acquisite nell’ambito di altra operazione delle Fiamme Gialle etnee, convenzionalmente denominata “Tuppetturu“. In quel contesto investigativo era stata censita una conversazione tra presenti in cui alcuni soggetti, ritenuti contigui al clan Cappello, articolazione Cintorino, discutevano delle dinamiche criminali in corso di evoluzione tra i nuovi referenti del gruppo di Picanello, storica branca della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano in quel rione di Catania. Una delle attività più redditizie del sodalizio sarebbe stata l’erogazione di prestiti a tassi usurari, inseriti in un sistema più ampio di reinvestimento dei proventi rinvenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, dalle estorsioni e dal gioco d’azzardo Dalle indagini sarebbe inoltre emersa l’esistenza di una cassa comune del sodalizio in cui far confluire i proventi delle attività illecite e da cui attingere per supportare economicamente gli affiliati detenuti o ex detenuti da poco usciti dal carcere e le relative famiglie, sostenendone pure le spese di viaggio in occasione delle trasferte per i colloqui, erogare gli stipendi, pagare gli onorari degli avvocati difensori.

Quattordici persone in carcere, una agli arresti domiciliari, nove attività commerciali del settore edile di Catania sottoposte a sequestro finalizzato alla confisca, 81 tra fabbricati e terreni nelle province di Catania e Arezzo sequestrati insieme con cinque autovetture e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro. E’ il bilancio dell’operazione antimafia ‘Oleandro‘ condotta dalla Guardia di finanza, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine. Gli indagati farebbero parte del ‘gruppo di Picanello’ del clan Santapaola-Ercolano. A capo ci sarebbero i ‘reggenti‘ della cosca nel quartiere, Carmelo ‘MeloSalemi, di 65 anni, e Giuseppe Russo, di 48, detto ‘il giornalista‘ o ‘l’elegante‘ che avrebbero utilizzato una stalla per gli incontri con i loro sodali. Una delle attività più redditizie del sodalizio sarebbe stata l’erogazione di prestiti a tassi usurari, inseriti in un sistema più ampio di reinvestimento dei proventi rinvenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, dalle estorsioni e dal gioco d’azzardo. Gli indagati avrebbero inoltre utilizzato metodi mafiosi per minacciare le vittime e garantirsi il pagamento delle rate di capitale e interessi. Dalle evidenze investigative sarebbe emerso un meccanismo collaudato con finanziamenti di piccoli tagli, di norma da 500 a 2.500 euro, da rimborsare in rate settimanali o mensili con un tasso di interesse oscillante tra il 140% e il 350% su base annua. Uno dei protagonisti di queste attività, ricostruisce la Dda, sarebbe Nunzio Comis, 40 anni, figlio del boss Giovanni, arrestato dal Nucleo Pef della Guardia di finanza di Catania in flagranza di reato nel 2020 mentre riscuotere il pagamento di una rata di un prestito a usura da un imprenditore. Secondo l’accusa, il riciclaggio dei proventi illeciti sarebbe stato infine assicurato da Fabrizio Giovanni Papa, 58 anni, imprenditore attivo nel settore dell’edilizia, ritenuto particolarmente legato al gruppo di Picanello e a Carmelo Salemi. Secondo la Dda di Catania avrebbe messo a disposizione le proprie società per il riciclaggio di ingenti quantità di contanti provento delle attività criminali del clan, contribuendo a occultarne l’origine delittuosa, e per il successivo reimpiego in attività economiche o finanziarie, essenzialmente nell’edilizia, tramite le medesime imprese a lui riconducibili.