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Le festività natalizie sono ormai cominciate, i fuorisede tornano a casa per trascorrere le feste in famiglia, i bambini sono in trepidazione nell’attesa di scartare i regali portati da Babbo Natale e c’è chi ha già cominciato a sfornare vassoi di dolci e rustici che riempiranno le nostre tavole fino al giorno dell’Epifania.

Le tradizioni natalizie in Campania sono divenute ormai delle leggi che tutti devono attentamente seguire soprattutto in ambito culinario. Ogni provincia della regione ha delle proprie usanze che vanno dagli addobbi alla tavola. Se il cenone della Vigilia è tutto a base di pesce, il sostanzioso pranzo di Natale è, invece, esclusivamente di carne ed è proprio in questo giorno che la fantasia e la tradizione danno il meglio di sè.

A Napoli il pranzo del 25 dicembre parte con un antipasto facoltativo di affettati misti per poi proseguire con il primo che varia tra quattro pietanze: c’è chi fa la pasta al forno, chi la Lasagna, chi i Cannelloni oppure il Sartù di riso.

Ma tra i più particolari c’è la “Minestra Maritata”, piatto tipico casertano ma cucinato anche a Napoli ed Avellino, chiamato così perché ‘marita’ gli ingredienti di verdure e carne mista, il tutto cotto in brodo. A Benevento, invece, il re indiscusso del Natale è senza dubbio il Cardone, ricetta autoctona cucinata con il cardo, un ortaggio invernale con forma simile al sedano, appartenente alla famiglia dei carciofi, cotto in brodo e servito con pollo, polpette di carne macinata e una “stracciatella” di uova e parmigiano grattugiato. A Salerno si prediligono i Crespolini alla Ravellese, un primo gustosissimo molto simile alle crepes, farcito con un delicato ripieno a base di ricotta di mucca, parmigiano, prosciutto cotto e salame.

I secondi piatti, a differenza dei primi, sono molto più omogenei in tutta la regione. Polpettine fritte o al sugo, filetto di maiale, braciolette, ‘Ammugliatielli’ (interiora di agnello condite con aromi e spezie varie) e agnello al forno con patate adornano le tavole dei campani. Anche se, a Caserta il secondo più amato è la “cianfotta” o “ciambotta”: un tortino di peperoni, cipolla, melanzane, patate e pomodori fritti che a Benevento ha un nome molto similare “ciambotto” ma è composto da verdure di campo con patate lesse e fagioli.

Tra queste prelibatezze, ciò che rende particolari i secondi sono i contorni, che variano in ciascun territorio. Immancabili sono l’insalata di rinforzo, i “Friarielli”, broccoli invernali che vengono prima soffritti poi serviti con una spruzzata di limone, e i “Peperoni ‘mbuttunati” ovvero ‘imbottiti’ con pane, capperi e olive nere; il tutto amalgamato in un ripieno inconfondibile e insaporito ancor di più dal prezzemolo. Nella cultura irpina regna un must assoluto: la scarola ripiena. C’è chi la riempie con capperi, pinoli e uvetta, chi invece predilige pane raffermo, olive, alici e noci. Tali ingredienti rendono speciale questa verdura che viene prima lessata per poi essere imbottita e legata con dello spago. A Benevento invece, i secondi vengono accompagnati anche dai rinomati formaggi sanniti: Caciocavallo di Castelfranco in Miscano o del Fortore, prodotti con latte di razze bovine bianche e stagionati tra i sei e i dodici mesi.

Al termine di tutto questo “ben di Dio”, mancano ancora i protagonisti indiscussi di tutto il Natale: i dolci. Proprio con queste pietanze la tradizione mostra la sua massima creatività e particolarità in ciascuna Provincia. Oltre a struffoli, roccocò e mustaccioli che vengono consumati in ogni città, partendo dal capoluogo di regione, troviamo i Susamielli, termine che deriva da Sesamelli, poiché in passato venivano presentati coperti da semi di sesamo. Sono biscotti tipici a forma di “S”, preparati con farina, zucchero, mandorle e miele; oppure i Raffiuoli che possono essere semplici o alla cassata. A Caserta il più caratteristico è la “Pietra di San Girolamo”, dolce tipico di Aversa che rappresenta un mix di cacao e mandorle non molto tostate. E’ possibile trovare anche le “zeppoline natalizie”, ovvero palline di pasta fritte e cosparse di zucchero e le “Aughiare di Curti”, biscotti da latte a forma di treccia che possono essere conservate per molto tempo in contenitori di latta, amate soprattutto dai bambini per la loro morbidezza.

Il dolce che più di tutti simboleggia Benevento è senza dubbio il torrone, conosciuto già ai tempi dei Romani e chiamato in passato anche “cupeta”, termine che deriva da “cupedia” (leccornia): composta da miele, albume d’uovo, mandorle o nocciole, tutto tostato, da qui il nome “torrone” (dal latino torreo, ovvero “abbrustolire”). A Salerno si prediligono i “scauratielli”, cioè zeppole di Natale preparate solo con acqua e farina, in seguito fritte e passate nel miele con un rametto di rosmarino, oppure i “cazuncielli simili a un raviolo ripieno con un impasto a base di farina di castagne, rum e cioccolata che viene successivamente fritto.

Tra i dolci irpini, invece, non mancano le cartellate o crespelle: strisce di pasta sfoglia arrotolate su se stesse fino a creare una specie di rosa che viene successivamente fritta e condita con miele e fichi secchi.

 

 

Dunque trascorrere il Natale al Sud è da veri coraggiosi, ciascuno in Campania dovrà inevitabilmente prepararsi alle ore trascorse a tavola tra i piatti pesanti, le portate infinite e i vassoi stracolmi di dolci che sono presenti a ogni ora del giorno e della notte, durante le tombolate, le merende e le visite augurali. Ma il rispetto delle tradizioni è fondamentale, soprattutto nella terra del buon cibo, altrimenti non sarebbe Natale.