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Salerno – E’ uno tra gli angoli più contraddittori di Salerno e della sua storia. L’area che ospitò il primo stabilimento del pastificio Antonio Amato continua ad affondare nel degrado.

Deterioramento ben visibile negli scatti del fotografo professionista Guglielmo Gambardella, recentissimo vincitore del contest  ‘Fotografa l’inquinamento’ promosso dall’Associazione Salute è Vita.

Angolo contraddittorio perché emana il sapore dolce della ‘Salerno industriale’ che seppe imporre la propria identità a livello dapprima nazionale e poi mondiale ma anche, nello stesso tempo, quello amaro di periferia del quartiere (Mariconda) che quello stabilimento ospitò.

Infine chiarisce più di ogni altro luogo la sensazione di ‘incompiuta’ che spesso accompagna la città nei vari passaggi storici tra vecchie e nuove visioni di sviluppo urbanistico.

Quell’involucro di stabilimento, oggi, rappresenta scheletricamente il fallimento di una idea imprenditoriale – accompagnata dalle istituzioni – di avveniristica riconversione da industria a lotti abitativi.

Fallimento che ha prodotto la cristallizzazione della ferita esistente in un’area invece viva, che tutt’attorno sta cercando di acquisire centralità. E di scrollarsi di dosso l’etichetta puntando su nuovi insediamenti civili (il grande palazzo sorto alla destra del cavalcavia ma anche il nuovo parco in via di costruzione all’altezza della rotatoria) e nuove attività.

Lì, invece, all’ex Pastificio Antonio Amato, regnano da anni incuria e abbandono. Presupposti per la lenta trasformazione dell’area in discarica – per ora ‘micro’ –, in rifugio per diseredati e in ‘tana’ per tossicodipendenti.

Reportage fotografico realizzato e ceduto da Guglielmo Gambardella.