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“Uno degli imprenditori mi ordinò l’omicidio della ex moglie ma io mi rifiutai per non passare un guaio. Ho già trascorso 6 anni in cella, ho pagato per i miei sbagli”. È la dichiarazione shock, fatta dinanzi ai giudici del collegio della prima sezione penale del Tribunale di Salerno presieduto dal magistrato Mariella Montefusco, dall’imprenditore della ristorazione Biagio Scaglione di Colliano, ritenuto dalla procura della Repubblica di Salerno, a capo dell’organizzazione criminale che tra il 2016 e il 2017 terrorizzò gli imprenditori dell’alto Sele con l’esplosione di bombe carta ai danni di attività commerciali, bar e ristoranti, per la quale nei mesi scorsi il Pm, Claudia D’Alitto, ne ha chiesto la condanna complessiva per tutti gli imputati ad un totale di 50 anni di carcere.

Al processo, giunto alle battute finali, che ieri ha visto discussione dei legali degli imputati, gli avvocati Giovanna Eliana Fiore, Ada Carasia, Michele Cuozzo, Alfredo Lo Pilato e Vincenzo Speranza, il principale imputato, Biagio Scaglione assistito dal suo legale, l’avvocato cassazionista Vincenzo Morriello, ha voluto parlare ai giudici, raccontando di fatti e circostanze che, secondo Scaglione, sarebbero state alla base degli attentati dinamitardi ad uno degli imprenditori che denunciò per primo minacce e attentati subiti, facendo nomi e cognomi agli inquirenti. Denunce che hanno portato a intercettazioni e pedinamenti degli indagati da parte dei carabinieri, fino all’arresto di 11 persone di cui 9 oggi a processo.

Organizzazione che, secondo la Procura, era capeggiata da Biagio Scaglione, che nelle attività veniva affiancato dall’allora compagna, Mirica Mirela. I due, secondo il Pubblico Ministero, reclutavano e si avvalevano della manovalanza di altri imprenditori, operai e conoscenti del posto, residenti tra l’Alto Sele e il napoletano, per attività illecite quali spaccio di sostanze stupefacenti, furti di cani di razza, furti in abitazioni, commercializzazione di banconote contraffate ed estorsioni ai danni dei commercianti con l’utilizzo di bombe carta allo scopo di ottenere l’egemonia sugli affari economici che gravitavano tra ristoranti, bar, night club, ecc. siti tra i comuni di Colliano, Oliveto Citra, Contursi Terme e Valva. Ben nove le persone ritenute parte integrante dell’organizzazione capeggiata da Scaglione e dall’allora compagna che, secondo gli inquirenti, e il Pm che ha chiesto 50 anni di carcere per gli imputati, avrebbero collaborato tra loro a vario titolo alle dipendenza dell’imprenditore Scaglione e accusati a vario titolo dei reati di delitti contro il patrimonio, contro l’industria ed il commercio, contro la fede pubblica, detenzione di armi, estorsione e ricettazione, per gli attentati esplosivi avvenuti ai danni dei bar “Colorado Café”, il bar “J’adore Café” e del night club “Eden”, i cui titolari assistiti dagli avvocati Antonella Mastrolia, Vincenzo Mazziotta e Anna Orlando si sono costituiti parte civile nel processo.

E proprio sulla figura di uno degli imprenditori di Colliano, vittima e testimone chiave del processo, sugli attentati dinamitardi, Scaglione ha reso dichiarazioni ai giudici nel processo, spiegando come secondo l’imputato- “L’imprenditore voleva fare del male alla moglie con la quale si era separato e mi chiese aiuto- ha spiegato. – Lui -ha detto Scaglione che da qualche mese è uscito dal carcere- pagò 10mila euro ad una banda di stranieri rumeni per far uccidere la moglie ma io mi sono rifiutato di essere complice di questa vicenda. Gli dissi che non volevo passare un guaio. Io- ha chiosato Biagio Scaglione- non ho nulla a che vedere con quanto è accaduto all’imprenditore che ha commissionato lui stesso gli attentati che si sono verificati ai suoi danni perché aveva l’assicurazione al locale. Ho già trascorso 6 anni in galera. Ho sofferto- ha concluso Scaglione-ma ho già pagato per i miei errori”.
Dichiarazioni shock sulle quali non è escluso che la Procura possa ora aprire un nuovo filone d’inchiesta, mentre nel processo è attesa per la sentenza che verrà emessa nei prossimi mesi al termine della discussione dei legali degli imputati principali del processo assistiti dagli avvocati cassazionisti Alfredo Lo Pilato e Vincenzo Morriello.