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Valva (Sa) – “Noi parenti delle vittime siamo stati condannati all’ergastolo con la morte dei nostri figli ammazzati da coloro che avevano il dovere di metterli in salvo e chiudere l’hotel mentre gli imputati del processo di Rigopiano che hanno la responsabilità di avere ucciso 29 persone nel resort, sono stati assolti e in parte condannati con pene lievi e pene sospese. Una vergogna. Serve una legge di riforma della giustizia che assicuri pene alte e certe a coloro che occupano ruoli pubblici e che commettono reati”.

Non usa mezzi termini, urlando il suo dolore contro la sentenza emessa ieri dai giudici del tribunale di l’Aquila sul processo Rigopiano, Alessio Feniello, il papà di Stefano, il 28enne originario di Valva, deceduto insieme ad altre 28 persone, sotto le macerie dell’hotel di Rigopiano di Farindola, in Abbruzzo, travolto da una slavina il 18 gennaio 2017.

Morti che si sarebbero potuti evitare se i soccorsi sarebbero arrivati in tempo e le richieste di aiuto lanciate alle Autorità da parte dei dipendenti e degli ospiti dell’albergo sarebbero state ascoltate, secondo la Procura di Pescara che per quella tragedia rinviò a giudizio 30 persone imputate a vario titolo, per omicidio colposo plurimo, disastro colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.

Imputati che optarono per la celebrazione del processo con rito abbreviato in udienza preliminare e per i quali i Pm avevano chiesto condanne complessive fino a 151 anni di carcere. Richieste di condanne che però, i giudici del processo di primo grado con la sentenza emessa a febbraio dello scorso anno, avevano ribaltato, condannando solo 5 persone, tra cui il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, i funzionari della Provincia, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, il gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso e il tecnico Giuseppe Gatto e assolvendo l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco.

Sentenza di primo grado che fu appellata dal procuratore generale di Pescara e dai legali delle parti civili dei parenti delle vittime fino a giungere ieri, alla sentenza emessa dai giudici della Corte di Appello, Aldo Manfredi, Alfonso Grimaldi e Domenico Canosa, che ieri, al termine di 5 ore di camera di consiglio hanno riformato parzialmente il giudizio di primo grado, con una sentenza che vede 8 persone condannante e 22 assoluzioni confermate.

Ad essere stati condannati in Appello anche i tre imputati che nel primo grado erano stati assolti: l’ex Prefetto di Pescara, Francesco Provolo, condannato ad 1 anno e 8 mesi per omissione di atti d’ufficio e falsità ideologica; il tecnico comunale di Farindola, Enrico Colangeli, condannato a 2 anni e 8 mesi omicidio colposo e lesioni plurime; e l’ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara, Leonardo Bianco, condannato ad 1 anno e 4 mesi per falso. I giudici dell’Aquila hanno poi confermato le condanne inflitte in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per il tecnico Giuseppe Gatto, per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, confermate le assoluzioni per i 22.

Stabilito dai giudici della Corte di Appello anche il pagamento della provvisionale da liquidarsi immediatamente nei confronti dei parenti delle vittime, oltre al pagamento delle spese legali, oltre al risarcimento danni che verrà stabilito con un processo che si svolgerà in sede civile.

Una sentenza che ha lasciato con l’amaro in bocca i parenti delle vittime i cui legali, hanno annunciato ricorso in Cassazione. “Una delusione – racconta ad Anteprima 24, Alessio FenielloQuale esempio ha dato la giustizia italiana? Noi familiari ci aspettavamo pene più alte. Un piccolo segnale è giunto con la condanna dell’ex Prefetto Provolo ma non basta la pena perché ascoltare il giudice pronunciare la frase “pena sospesa” alla sentenza di condanna di Provolo è stato l’ennesimo dolore. Provolo era Prefetto – chiosa Feniello – e rappresentava lo Stato ed è il principale responsabile di questa tragedia, condannarlo ad un 1 e 8 mesi con pena sospesa è una beffa”.

E sulle pene inflitte dai magistrati della Corte di Appello, Feniello si rivolge al ministro della Giustizia, Carlo Nordio “Serve una legge di riforma della Giustizia che assicuri pene certe e alte per chi commette un reato, soprattutto quando a sbagliare sono coloro che rappresentano lo Stato e le Istituzioni. Questa sentenza – sottolinea Feniello – lascia intendere che nella ipotesi peggiore, in caso di condanna di coloro che occupano posizioni Istituzionali e politiche, le pene saranno sempre lievi. Sono state uccise 29 persone ma la legge non è uguale per tutti in Italia perché se una persona ruba nel supermercato, viene arrestata mentre se più persone che occupano ruoli pubblici ammazzano 29 esseri umani, restano impuniti e condannati con pene lievi e sospese… è una sorta di “licenza” data a coloro per i quali i Pubblici Ministeri di Pescara, anche loro magistrati proprio come chi ha emesso sentenza, avevano chiesto 151 anni di carcere complessivi. Quale giustizia vi è? Sette anni lunghissimi per arrivare a una sentenza di secondo grado con condanne lievi? Vogliamo pene alte e certe, ci aspettavamo la conferma delle condanne chieste per i trenta imputati dai Pm di Pescara e non le solo otto condanne lievi e le 22 assoluzioni. Lo Stato, il Governo diano un segnale con gli strumenti della Legge su questa tragedia affinché non ci siano mai più altri Rigopiano”.