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Palomonte – Quattro colpi di arma da fuoco esplosi all’interno dell’abitazione di un imprenditore. Così, un imprenditore di Palomonte, a marzo dello scorso anno, finì sotto il mirino del clan mafioso “Martorano-Stefanutti” operante a Potenza ed attivo nel monopolio delle macchinette video-poker e nel settore sicurezza delle discoteche.

Un clan ramificato e forte quello delle famiglie “Martorano-Stefanutti” operante a Potenza e provincia, smantellato dagli inquirenti lucani, che ieri mattina ha portato il Gip della Procura di Potenza diretta da Francesco Curcio, in collaborazione con gli agenti delle squadre mobili di tutta Italia, a seguito di una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Potenza, ad arrestare 38 persone, ritenute responsabili a vario titolo, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e danneggiamento seguito da incendio, aggravati dall’agevolazione e dal metodo mafioso, ai danni di cittadini ed imprenditori. Operazione che ha visto il supporto dei reparti Prevenzione Crimine di Lazio, Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Calabria, dei cinofili e di un equipaggio eliportato di Reggio Calabria. Ventotto le misure di custodia cautelare in carcere emesse dalla Procura, nove invece, le misure di arresti domiciliari, un divieto di dimora nel territorio della provincia di Potenza e decine di perquisizioni domiciliari e personali.
Al vertice del clan, riconosciuto dalla ‘ndrangheta e dai clan mafiosi lucani, siciliani e pugliesi, c’erano Dorino Rocco Stefanutti e Renato Martorano.
Secondo la Procura lucana, il clan potentino avrebbero stretto solidi legami consolidati negli anni con i più pericolosi e potenti clan italiani, tra cui quello dei “Pesce-Bellocco” di Rosarno, del “Grande Aracri” di Curto, quest’ultimo rafforzato con una collaborazione nel settore dei videogiochi, e altre attività legate alla mafia siciliana con legami ai Santapaola di Catania e alle mafie operative in Puglia e in Basilicata.
Attività criminali che secondo gli inquirenti, sono principalmente legate al monopolio delle macchinette di videogiochi e videopoker, oltre che alla gestione diretta o indiretta degli appalti di opere e servizi pubblici, attraverso una fitta rete di contiguità e connivenze con le sfere istituzionali, come nel caso di una sigla sindacale attiva nel comparto sanitario che attraverso il ricorso a metodi intimidatori, consentiva una gestione “addomesticata” dei dipendenti della società Kuadra, già affidataria dei servizi di pulizia presso l’ospedale “San Carlo” di Potenza, favorendo così il controllo delle assunzioni e dei licenziamenti nelle mani del sodalizio criminoso.
Azioni estorsive che il clan potentino metteva in atto con il clan Grande Aracri ai danni di una società affidataria della gestione di raccolta e smaltimento rifiuti presso l’ospedale “San Carlo”.
Videogiochi, videopoker, gestione degli appalti pubblici e delle assunzioni, ma anche armi e droga, quest’ultima rientrante tra i settori redditizi che ha permesso al clan di movimentare cospicue somme di danaro destinate in parte anche all’assistenza a favore dei solidali detenuti con una sorta di forma di “muta assistenza”.