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Feleppa non ci sta. Il consigliere comunale nell’occhio del ciclone per il suo passaggio dall’opposizione alla maggioranza a palazzo Mosti continua a replicare ai numerosi attacchi che gli giungono dai banchi degli ex colleghi di minoranza.

“Senso istituzionale e profilo personale – scrive Angelo Feleppa – mi hanno suggerito di non prestare il fianco a speculazioni e non scendere al grado di interlocuzione che mi è stato dedicato dopo l’adesione al gruppo ‘Noi Sanniti per Mastella’. Ricordo che, nel tempo ed a più riprese, ho segnalato sia le mie intenzioni che il disagio vissuto: l’ho fatto nelle sedi opportune e pubblicamente. Ho spiegato le mie ragioni ed anticipato le mie volontà, tra gli altri, al capogruppo Italo Di Dio che, nonostante la correttezza da me utilizzata, da giorni è l’alfiere di una campagna denigratoria senza precedenti”. 

Io non capisco, forse per mio limite, in che maniera tutto questo tempo e queste energie spese per attaccarmi possano contribuire alla qualità dell’azione amministrativa o alla dignità dell’attività politica di tali soggetti. Ma se questo è il percorso scelto, allora mi sembra giusto non lasciare che passi la visione faziosa e bugiarda che si vuole offrire ai cittadini.

Premetto che con i fatti, i risultati amministrativi, gli atti concreti, proverò a fornire sul campo la migliore delle risposte a chi dissemina dubbi e ombre sulla mia scelta, tesa esclusivamente a misurarmi con i problemi della città. Sono sicuro che sia questa la migliore delle risposte possibili.

Intanto, però, va sottolineata la differenza con cui è stato accolto il passaggio di tre consiglieri di maggioranza ad un partito di altro schieramento: come è evidente a chiunque si tratta della dimostrazione che i giochi al Comune vengono letti e commentati esclusivamente per convenienza di parte. Chi ha esultato o taciuto di fronte a quel passaggio, certo non può dare lezioni oggi.

Tuttavia, mi preme chiarire a Di Dio una circostanza: la comune appartenenza ad una lista o ad un gruppo, si è interrotta tempo fa, quando le regole condivise sono saltate proprio per volontà di chi, come lui, avrebbe dovuto essere arbitro. Ad esempio, quando è toccato indicare un membro al cda dell’ASI, perché è stato abbandonato il criterio dei risultati ottenuti alle elezioni? Perché si è indicata un’altra persona al posto della prima che ne avrebbe avuto diritto, secondo le regole che tutti riconoscevano giuste? Perché allora Di Dio non si è fatto vivo a salvaguardia di tutti coloro che hanno partecipato al risultato di quella lista? 

Io un’idea, anche sulla scorta di tante altre circostanze, me la sono fatta. Chi aveva concorso al risultato della lista e meritato quel riconoscimento non era immediatamente riconducibile ad un gruppo, una elite con più diritti. Una valutazione che lasciò i consiglieri eletti di fronte ad un bivio: accettare le decisioni imposte dall’alto ed obbedire in Consiglio e fuori, o scegliere altre strade se mai ce ne fossero state. Ma il capogruppo Di Dio, oggi rimasto solo come ricorda il consigliere Quarantiello a cui rivolgo i ringraziamenti per le parole usate nei miei confronti, cosa si aspettava? Immaginava che persone adulte, serie e oneste, potessero accettare questi diktat alla stregua di scolaretti? Se vuole, resti lui lì ad obbedire ma almeno ci eviti la retorica moralizzatrice. Si chieda se ha svolto il suo compito a dovere o se, salvaguardando le decisioni altrui a scapito dei suoi consiglieri, non abbia di fatto rinunciato al ruolo di capogruppo. 

Magari, al posto di essere impegnato in viaggi istituzionali in giro per l’Europa, avrebbe potuto seguire più da vicino le vicende del Comune di Benevento. Valuti come mai queste circostanze erano note e palesi anche ad altri esponenti del Consiglio, come al capogruppo De Pierro, sicuramente più abile a comprendere i momenti e valutare le opportunità, che ringrazio anche per la vicinanza che mi ha mostrato in questo frangente. 

Insomma, mentre attendiamo che recida il cordone ombelicale che sembra frenarlo, Di Dio si chieda se quello su cui sta parlando da giorni non sia un tradimento ma piuttosto un suo evidente fallimento. Sono tranquillo che al di là delle parole, i fatti faranno giustizia anche di questo dubbio. Per il rispetto verso chi legge e per gli elettori, non tornerò sull’argomento che mi sembra aver chiarito fin troppo. La gente merita altro e molto di più”.