Di lotta e di governo. Un po’ di qua e un po’ di là. Il sindaco Manfredi ieri è andato alla presentazione dei palinsesti Rai 2025/26, al centro di produzione di via Marconi. Allo stesso modo è passato alla contemporanea protesta dei giornalisti, inscenata all’esterno. Un sit-in contro i tagli della Tv di Stato (26 milioni di euro) ai programmi di approfondimento. È riuscito ad essere dai contestatori, ma anche dai contestati. Partecipando con egual passione ad entrambi gli eventi. Quasi ubiquo, ai limiti del soprannaturale. Dentro, a congratularsi con l’ad Giampaolo Rossi: “Siamo anche molto felici dei nuovi investimenti sul Centro di Produzione”. Fuori, con Sigfrido Ranucci, a solidarizzare per i tagli a Report (4 puntate in meno), e ad altre trasmissioni di inchiesta. Un cortocircuito logico? Macché.
Così piuttosto, tutti sono contenti. O almeno bisogna pensarlo. Con Manfredi il conflitto non esiste, ma si stempera in un sorriso sornione. Lui fende il campo di battaglia come Mosè il Mar Rosso. Ogni vertenza aspra si squaglia in tripudio di politicamente corretto. Concetti inattaccabili, tanto universale è il loro valore.
E sul palco del centro Rai, il sindaco esalta il “grande onore” di replicare qui la kermesse dei palinsesti. Non fa una grinza. Alla manifestazione in strada, invece ribadisce di volere “una Rai plurale”: e chi non la vorrebbe? Ai capataz dell’azienda, canta il “rapporto sentimentale” di Napoli con la Rai. E la mozione degli affetti ci sta sempre bene. Agli indignati in piazza, tra i quali cronisti precari, ricorda però “la dignità del lavoro“. Inappuntabile. Il sindaco riscuote applausi dai ribelli duri e puri come dalla platea in abito da sera. Di fatto sfida Aristotele e il suo principio di non contraddizione. E nessuno osa sollevare perplessità: così è se vi pare.
(Foto frame Sigfrido Ranucci/Instagram e Comune di Napoli/Youtube)