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«Agosto da dimenticare per i livelli di polveri sottili ad Avellino. Il mese appena trascorso fa registrare ben 14 superamenti per le PM10». Dall’inizio dell’anno se ne contano già 30, dunque la metà solo ad agosto. Nei 243 giorni complessivi dal 1 gennaio al 31 agosto la centralina posizionata in città non ha fornito dati per 41 giorni (17%).  A ricordare l’emergenza ambientale che vive l’Irpinia, è ancora una volta Franco Mazza dell’associazione “Salviamo la Valle del Sabato”.«E’ immaginabile perciò – continua – che altri sforamenti ci siano stati ma non registrati. Nel mese di agosto si determina una condizione particolarmente grave perché su 31 giorni per ben 6 giorni la centralina non ha fornito dati. In una situazione di questa criticità è dunque più che probabile che vi siano stati anche altri sforamenti. Tutto questo ci induce a fare alcune considerazioni. Le scuole sono chiuse e il traffico ad Avellino non è particolarmente intenso. La circolazione delle auto non è dunque alla base degli sforamenti registarti, almeno in questa circostanza. Ciò ci deve far riflettere anche sulla utilità delle ordinanze di blocco del traffico. Sicuramente gli incendi e le attività agricole hanno contribuito a determinare il maggior carico di polveri sottili.
Se vogliamo però capire perché Avellino è tra le città con la peggiore qualità dell’aria in Campania (e non solo) – ragiona Mazza – dobbiamo riferirci ad uno studio scientifico del 2011, lo studio di diffusione del CNR. Avellino si trova in una conca, circondata da colline e da monti. Quanto avviene a Pratola Serra produce effetti ovunque nella valle del Sabato, anche ad Avellino. Quello che si immette in aria ad Arcella o a Santo Stefano Del Sole (faccio esempi a caso) lo si ritrova ad Avellino o Atripalda o a Tufo e Montemiletto. Gli inquinanti prodotti dalle diverse attività antropiche, a causa delle caratteristiche orografiche di questi luoghi, specie in particolari condizioni di umidità, di temperatura e di assenza di vento fanno fatica a disperdersi in senso verticale, ma ristagnano e si propagano in senso orizzontale. Questo studio, consegnato alla Provincia nel 2011, è stato completamente ignorato dalle istituzioni, specie quelle deputate al rilascio delle autorizzazioni e quelle addette ai controlli. Ignorare questo fenomeno e questa condizione tutta nostra – conclude Mazza – è grave, pericoloso e può portarci a fare scelte sbagliate ed inutili, che si ripercuotono sulla salute delle persone».