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Prezzo delle nocciole in calo. In Campania dovrebbe oscillare tra i 220 e i 250 euro al quintale. A far danni sono state le gelate di aprile e poi la siccità che hanno ridotto la quantità e la qualità della produzione: il prezzo fissato lo scorso anno a 420 euro al quintale, è sceso drasticamente. Oggi la quotazione ufficiale di riferimento per le nocciole 2017 invece è di 335 euro al quintale come deciso dalla commissione di rilevamento che ha fissato il prezzo in occasione del borsino della Fiera delle Castagnole delle Lanze in Piemonte, giunta alla centocinquantottesima edizione. Ora la quotazione di mercato delle nocciole piemontesi è utile farsi una idea di come presentarsi l’annata per gli agricoltori a livello nazionale. «In ogni caso – osserva Alessandro Mastrocinque, presidente di Cia Campania e vicepresidente di Cia – Agricoltori Italiani – si tratta di prezzi che qui in Campania ci sogniamo pur essendo la regione con il numero più alto di produttori a livello nazionale. Abbiamo varietà importanti come la Tonda di Giffoni, la Mortarella o ancora la San Giovanni ma non basta. Per migliorare il prezzo occorre avviare una piano strategico di aggregazione della produzione, oggi eccessivamente parcellizzata, e occorre puntare sulla ricerca per offrire varietà ancora più appetibili sia al consumo che all’industria. Dobbiamo lavorare – prosegue Mastrocinque – sulle qualità delle nostre cultura, per esempio pensare alla produzione di noccioline più zuccherine, che farebbero comodo ai grandi player del mercato nazionale e internazionale, in cambio naturalmente di un miglioramento del prezzo. Siamo in campo per porre fine a questa disparità del prezzo». In Piemonte ci sono una quarto dei noccioleti italiani ma è in Campania che sono presenti il 41% delle aziende corilicole italiane, distribuite soprattutto nelle province di Avellino e Napoli, che da sole rappresentano il 77% delle realtà della regione.
I noccioleti sono diffusi soprattutto nella provincia di Avellino mentre in questi anni a Napoli e Salerno si è verificata una riduzione della produzione e a Caserta la produzione si è più che quadruplicata. Complessivamente, comunque, il raccolto nella regione dal 1974 al 2010 si è ridotto di circa 100 mila quintali, passando da 555 mila a 456mila. In Campania è presente ben il 41% delle aziende corilicole italiane. Esse risultano distribuite soprattutto nelle province di Avellino e Napoli, che da sole rappresentano il 77% delle realtà della regione. La superficie media per azienda risulta particolarmente bassa nelle province di Napoli, Salerno e Avellino, mentre è superiore alla media nazionale in quella di Caserta. Sempre in provincia di Caserta, secondo il VI Censimento dell’agricoltura ISTAT, un numero importante di unità supera i 5 ha (11% corrispondente al 47% della superficie provinciale). La coltivazione risulta particolarmente importante nel comune di Teano (primo comune campano per superficie corilicola) ed in quelli di Presenzano, Carinola, Vairano Patenora e Caianello. Come già osservato, quest’area ha visto negli ultimi anni un’espansione piuttosto intensa della coltivazione, che ha sostituito altre specie da frutto, andandosi a collocare in territori in prevalenza pianeggianti, situati spesso tra i 300-700m e caratterizzati da disponibilità idrica.
Il panorama varietale si presenta più ampio rispetto alle altre regioni; numerose sono le varietà coltivate: Mortarella, San Giovanni, Tonda di Giffoni, Tonde di Avellino, Camponica e Riccia di Talanico. L’ampio panorama varietale campano costituisce un vantaggio da un punto di vista sanitario, per cui di fronte a patogeni dannosi all’interno di un gruppo di varietà coltivate qualcuna risulterà avere gradi di resistenza. Tuttavia questo vantaggio rappresenta un limite di natura commerciale e tecnologica, per l’eterogeneità di forma e qualità del prodotto che viene conferito alle industrie di trasformazione. La coltivazione è stabile in provincia di Avellino, di Napoli e Salerno, in espansione in quella di Caserta.